Roma, la Città Eterna. Quale miglior simbolo per la capitale di un regno della penisola italica? Certamente la centralità geografica rispetto alla stessa penisola non è stato il solo fattore che ha influito nella scelta di Roma capitale. Potremmo dire che la storia parla da sé: per secoli questa città è stato il fulcro di un potere temporale che non solo ha riguardato l’Italia, ma Tutta l’Europa se non il Mediterraneo; il simbolo dell’Impero prima e poi dell’autorità papale, sempre al centro delle dinamiche geopolitiche del continente.
Propriamente intesa, non si potrebbe parlare di Italia prima del 1861, e anche entro quella data non si potrebbe parlare simbolicamente della su nascita (al completo), certamente si dovrebbero aspettare nove anni, quando il 20 settembre del 1870, per sommo dispiacere delle autorità pontificie. Parlandoci chiaro, è difficile immaginare un’Italia senza la sua Roma, sarebbe come parlare di un’Inghilterra senza Londra o di una Francia senza Parigi, mancherebbe qualcosa di essenziale. Vero è che anche il prestigio di Torino e Firenze era ed è molto grande: la prima è la capitale storica del regno sabaudo, si può dire che costituì il nucleo embrionale di quello che sarà l’Italia stessa; stesso discorso vale per Firenze, città di grandissimo spessore per le dinamiche politiche medievali e primo moderne della penisola e sicuramente si può considerare la culla principale della nostra cultura, è qui che nasce la lingua italiana, o meglio il fiorentino, è la città di Dante. Si potrebbero elencare molte altre città, ma Roma rimarrebbe sempre Roma.
Già all’indomani della proclamazione del Regno d’Italia, il 17 marzo del 1861, la stessa città eterna era stata indicata come la capitale morale del nuovo stato, ma come ben sappiamo, questa rimase ancora per molto tempo sotto l’egida delle insegne papali, all’interno delle stato pontificio, anche se con i plebisciti seguiti alla Seconda Guerra d’Indipendenza, il dominio della Chiesa si era ridotto al solo Lazio, infatti Marche e Umbria erano riusciti ad entrare nel nuovo Regno della penisola. Il domino temporale del papa rimaneva comunque sotto la protezione francese, non sarebbe stata una scelta saggia agire di forza. Non mancarono comunque i tentativi da parte di Garibaldi, ve ne furono due, il primo nel 1862 e il secondo cinque anni dopo, ma entrambi non andarono a buon fine.
Il 1864 fu la data dello spostamento della capitale da Torino a Firenze, la quale diede espressione della volontà di garantire alla Francia la rinuncia a Roma stessa. Appresa la notizia, per due giorni le strade di Torino imperversarono violenti tumulti, che comunque furono repressi dall’intervento delle forze armate, che spararono sui manifestanti causando circa cinquanta morti e duecento feriti. Non è un caso che proprio Dante viene considerato una sorta di padre spirituale d’Italia, 1865 cadeva il sesto centenario della sua nascita, in tutta la nazione il poeta venne festeggiato, in quella che secondo alcuni addetti ai lavori, fu la prima grande festa nazionale del Regno, anche e soprattutto a Roma.
Si dovette aspettare il 1870 e la sconfitta francese ad opera tedesca a Sedan. Così, il 20 settembre le truppe italiane con i bersaglieri in testa entrarono dalla breccia di Porta Pia. Il 2 ottobre dello stesso anno vi fu quindi un plebiscito che sancì ufficialmente l’annessione al Regno d’Italia. Seguirono quattro decreti per sbarazzarsi definitivamente dello Stato pontificio. Il regio decreto del 9 ottobre che proclamò l’annessione dell’interno Lazio e quello del 15 ottobre introdusse la struttura amministrativa del regno programmando a creazione della Provincia di Roma per il 5 novembre dello stesso anno. Il quadro fu completo però solo con il regio decreto del 25 gennaio 1871 che concluse il periodo di luogotenenza del generale La Marmora con le nomine di Giuseppa Gadda a prefetto e Francesco Pallavicini a sindaco di Roma. Infine, con la legge del 3 febbraio 1871 si deliberò il trasferimento della capitale da Firenze a Roma.