13 marzo 1985 – La ‘ndrangheta uccide Sergio Cosmai
Fu una delle tante e purtroppo poco note vittime della ‘ndrangheta.
Sergio Cosmai aveva studiato giurisprudenza a Bari, Cosmai, per poi dedicare la propria vita all’attuazione del principio in cui fortemente credeva, quello della funzione riabilitativa della pena, dirigendo le carceri di Locri, Crotone e Cosenza.
All’inizio degli anni Ottanta, Cosenza viveva la cosiddetta prima guerra di mafia tra i clan Pino-Sena e Perna-Pranno; gli agguati all’interno del carcere erano diventati la regola e le cronache registravano costantemente una serie di omicidi e ferimenti.
La guerra era nel carcere. E il carcere era controllato dalla ‘ndrangheta.
Quando arrivò Cosmai, nel 1982, le cose rischiavano di cambiare perché il nuovo direttore non era per nulla incline a tollerare i privilegi e il comando della ‘ndrangheta anche in carcere. Fu per questo che Sandro Perna, accusato dal clan di essersi fatto soffiare il ruolo di capo del carcere, ne ordinò l’assassinio.
Il 12 marzo 1985, mentre Cosmai era alla guida della sua auto per andare a prendere la figlia di tre anni all’asilo, venne affiancato da un’auto da cui partirono una serie di colpi per lui fatali. Il giorno successivo morì.
Per l’omicidio si fecero subito dei nomi: Nicola e Dario Notargiacomo e Stefano Bartolomeo.
La stampa lì condannò subito, il tribunale un po’ dopo. Ma li condannò, all’ergastolo.
La Corte d’Appello, tuttavia, ritenne non ci fossero prove sufficienti del loro coinvolgimento e li assolse.