Alle 4 di mattina del 28 settembre 1911 il piroscafo Adria, mentre solcava il Mar Mediterraneo alla volta della Libia, si imbatté in una sagoma nera temebrosa, che con la sua stazza oscurava il faro di Tripoli. Dalla nave il capitano, al megafono, interrogò il piroscafo: “Avete avuto notizia che le ostilità siano cominciate?”.
Giuseppe Bevione, inviato per La Stampa che si trovava a bordo dell’Adria, riportò lo scambio che seguì tra i due vascelli, che nella calma notturna del mare al largo di Tripoli “pareva il colloquio di due divinità…” . La nave più grossa era una nave da guerra italiana, la Napoli, che scortò a riva il piroscafo. Nelle 24 ore successive, quasi tutti gli italiani tornarono in patria da Tripoli, su intimazione del console.
Il 29 settembre il Regno d’Italia dichiarava guerra all’Impero Ottomano. Cominciava la guerra italo-turca, per lo più nota come guerra di Libia, con la quale l’Italia conquistò la Tripolitiana, la Cirenaica e annesse anche il Dodecaneso – contribuendo a risvegliare il nazionalismo balcanico.
L’impresa di conquista fu accolta in Italia con entusiasmo da molti, partecipi dei nazionalismi e delle ambizioni imperialistiche che divampavano in Europa, ma incontrò anche lo scetticismo di altri – anche solo per l’obiettivo della missione, la Libia, che, povera di materie prime e difficilmente coltivabile, si rivelò forse non un grande affare.
Per convincere gli scettici, il primo ministro Giolitti aveva promosso una campagna di stampa che costituì forse il primo esempio di quel meccanismo di costruzione del consenso, oggi ben noto, basato sulla manipolazione di parole e immagini, che sarebbe tornato utile anche tre anni più tardi, in occasione del primo conflitto mondiale.