La storia della bolognese Irma Bandiera, nota con il nome di battaglia “Mimma”, è una delle più drammatiche della Resistenza.
Dopo l’8 settembre il suo fidanzato era stato fatto prigioniero e lei aveva iniziato a interessarsi sempre più alle tormentate vicende politiche e militari del nostro Paese, aderendo al PCI e al movimento di Resistenza.
Nell’agosto del 1944 il Movimento di Liberazione della bassa bolognese era particolarmente attivo. Il 5 agosto i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere e il 6 agosto cominciò una tremenda rappresaglia durante la quale vennero arrestati tre partigiani. La sera del 7 agosto anche Irma fu arrestata, ma fu isolata dai compagni e inutilmente sottoposta a tortura.
La mattina del 14 agosto una persona informò i parenti, che ininterrottamente avevano continuato a cercarla, che il cadavere della ragazza si trovava sul selciato vicino allo stabilimento della fabbrica ICO.
Il suo corpo fu trasferito all’Istituto di Medicina Legale di via Irnerio dove un custode, vicino al Partito, scattò le foto del viso devastato dalle torture. Venne infine sepolta alla Certosa, accompagnata dai familiari e qualche amica. La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 pubblicò un foglio volante, stampato in clandestinità, nel quale si ricordava il senso altamente patriottico del sacrificio di Irma e si incitavano i bolognesi a intensificare la lotta contro i nazifascisti.
A lei fu intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che operava al nord di Bologna e un GDD (Gruppo di Difesa della Donna).
Finita la guerra fu decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane in Italia.