Allo scoppio della Prima Guerra mondiale erano in molti a pensare che il regime zarista non avrebbe potuto reggere a lungo e che fosse destinato a ad essere sostituito da forme di governo più adeguate ai tempi e con il resto del Vecchio Continente. Pochissimi però, nel 1914, avrebbero immaginato che la caduta degli zar avrebbe portato al più grande evento rivoluzionario verificatosi in Occidente dallo scoppio della Rivoluzione francese. Tra tutti gli sconvolgimenti politici e sociali provocati dalla guerra, la Rivoluzione russa non fu solo il più violento, ma anche il più traumatico e imprevisto nei suoi sviluppi.
Tra il 23 e il 27 febbraio del 1917 una violenta rivolta di operai e soldati investì la capitale, San Pietroburgo, al termine della quale, il governo degli zar della dinastia dei Romanov, fu sostituito da un governo provvisorio di stampo liberale, costituito per volontà dei membri della Duma e presieduto da un aristocratico, il principe Georgij L’vov. L’obbiettivo dichiarato del nuovo governo era quello cdi proseguire la guerra al fianco dell’intesa e nel mentre di promuovere la modernizzazione e l’occidentalizzazione del paese sul piano delle strutture politiche e dello sviluppo economico. Questo obbiettivo all’interno del governo era condiviso da diverse frange tra le quali: i gruppi liberal-moderati (anche chiamati i cadetti); i menscevichi, i quali si ispiravano ai modelli delle socialdemocrazie europee; e i socialisti rivoluzionari, che avevano solide basi entro la società rurale russa e che interpretavano le aspirazioni delle masse contadine per una radicale riforma agraria.
All’interno di questo enorme coro, vi era però una voce che stonava con tutte le altre, quella dei bolscevichi, che comunque furono colti di sorpresa dalla scoppio della rivoluzione e rimasero in posizione momentanea di attesa. Se comunque, socialisti rivoluzionari e menscevichi ritenevano che per arrivare ad una riforma che trasformasse dalle radici la Russia si dovesse passare da una fase democratico-borghese, i bolscevichi non erano inclini a questo passaggio transitorio “moderato”, ma erano convinti che tale trasformazione fosse possibile solo se si fosse dato pieno potere decisionale alla classe operaia e gli strati più poveri della popolazione rurale.
Il consenso, o la neutralità, di tutte le forze anti-zariste non furono sufficienti a stabilire su solide basi per il potere del governo provvisorio e, per evitare che alla caduta del vecchio regime seguisse lo sgretolamento completo, al potere “legale” del governo si affiancò e vi si sovrappose anche quello dei soviet (come nel 1905): specie quello di San Pietroburgo che agiva come una sorta di parlamento proletario, spesso emanando ordini in contrasto con quelli dell’autorità centrale del governo provvisorio.
Nell’aprile del 1917 il leader dei bolscevichi, Lenin, fece ritorno dal suo esilio in Svizzera, dopo un avventuroso viaggio ferroviario dove attraversò mezza Europa. Viaggio che fu favorito, in primis, dalla Germania, con la promessa della fine del conflitto sul fronte orientale. Non appena giunto a San Pietroburgo, Lenin diffuse un documento di dieci punti, le famose Tesi di Aprile, nelle quali veniva rifiutata la diagnosi corrente sul carattere borghese della fase rivoluzionaria in atto e poneva in termini immediati il problema della presa di potere, rovesciando la teoria marxista ortodossa (una seconda volta tra l’altro, perché la teorizzazione di Marx partiva dal fatto che la rivoluzione sarebbe partita da un paese fortemente a carattere industriale o comunque in paesi sviluppati come la Germania e non arretrato come la Russia). Ma proprio per la sua debolezza interna, era proprio la Russia ad offrire a Lenin le condizioni più favorevoli per la messa in crisi del sistema capitalista, era il punto da cui partire. L’obbietti primario era quello di conquistare la maggioranza dei soviet, di stipulare una pace, vi era inoltre da risolvere il problema della terra ai contadini e del controllo sociale della produzione da parte dei consigli operai.
Per quanto fosse utopico e velleitario questo programma, riuscì comunque nel suo intento, ovvero, collegare lo stato d’animo prevalente tra le masse operaie e contadine, consentendo al Partito bolscevico di allargare la sua area di consensi. Al tempo stesso si approfittava delle fratture che si erano create con altri gruppi socialisti che avevano partecipato alla colazione di governo. Il primo episodio di ribellione al governo si verificò in luglio, quando operai e soldati scesero in piazza per impedire la partenza verso il fronte di alcuni reparti. I bolscevichi inizialmente si erano rivelati contrari a questa iniziativa, ma una volta attuata cercarono di assumerne il controllo. ma nonostante tutto l’insurrezione fu un fallimento per l’intervento delle truppe fedeli al governo. Alcuni leader bolscevichi, tra cui Lenin, furono costretti alla fuga.
Ciò che seguì è storia e probabilmente, anzi sicuramente, la cambiò per sempre. Una rivoluzione che seppe plasmare il secolo.