«Signori, vi annuncio la mia partenza. Vi lascerò questa sera stessa. La Francia mi chiama, i Borboni la portano alla rovina. Diverse sono le Nazioni d’Europa che saranno felici di vedermi tornare». Queste furono le parole di Napoleone Bonaparte la mattina del 26 febbraio, al consueto ricevimento mattutino (la notizia della sua imminente partenza circolava ormai da qualche giorno sull’Isola d’Elba).
Fin dal suo sbarco sull’isola, Napoleone non intendeva di rimanervi. Comunque, per buona parte del tempo che vi restò mascherò con grande abilità, degna dei noti teatranti, il suo disegno di tornare protagonista delle vicende politiche del continente europeo. Ovviamente, il tutto era in contrasto con il volere, e il pensiero, dei suoi vecchi nemici, i quali si erano fatti l’idea che Bonaparte fosse finito del tutto e che in cuor suo avesse abbandonato ogni disegno e progetto di gloria politica e, a maggior ragione, militare. Insomma, la maggior parte dei protagonisti della Coalizione era pronta a voltare pagina senza tenere da conto un possibile ritorno dell’imperatore francese.
Nel frattempo, la situazione francese era ben lontana dallo stabilizzarsi. Malgrado il ritorno della dinastia Borbone con il rientro dall’esilio inglese di re Luigi XVIII (elegantemente definito “Il Grassone”), il mal contento dei sudditi era palpabile, nel suo vano tentativo di cancellare dalla storia la Rivoluzione e l’età dell’Impero: firmò il Trattato di Parigi in rappresentanza proprio della Francia con la Sesta coalizione, per i quali le frontiere francesi vennero ristabilite come erano il primo gennaio del 1792; ristabilì i privilegi tra i nobili; spogliò la Legion d’Onore delle sue prerogative concedendola a chi l’avesse volute; abolì le pensioni e gratificazioni ai mutilati e veterani. Tutte queste decisioni crearono un grave mal contento tra la popolazione francese che ormai rimpiangeva i gloriosi giorni di Napoleone imperatore.
Nel mentre, a metà di febbraio del 1815, Fleury de Chaboulon, fervente bonapartista – “l’intrepido sottoprefetto” – giunge all’Elba da Parigi travestito da marinaio. Ha un incontro con l’Imperatore e gli confida che il malcontento generale presente in Francia è al colmo e l’imperatore è rimpianto da tutti. Parallelamente, il colonnello inglese Campbell, incaricato di sorvegliare Bonaparte sull’isola, salpa su di un’imbarcazione direzioni Livorno. L’ex imperatore decise che il momento fosse ormai propizio. Approfittando di un attracco forzoso, nei giorni precedenti, dell’imbarcazione Inconstant (un bastimento a due alberi lungo 30 metri e con 14 cannoni) che si era arenata nei pressi di Portoferraio, con la scusa di farla riparare, iniziò a caricarla di provviste e rifornirla di cannoni e munizioni.
Arrivò quindi la notte del 25 febbraio, una notte turbolenta, sull’isola si era ormai sparsa la voce dell’imminente partenza di Napoleone verso la Francia e tutti si misero in movimento, perfino la madre e la sorella Paolina, le quali lo aiutarono come meglio poterono, dandogli la gran parte dei loro risparmi.
Erano all’incirca le 18 della sera del 26 febbraio del 1815 e una folla triste si apprestava a salutare Napoleone, che stava salpando in direzione Francia, una folla visibilmente emozionata e contenta allo stesso tempo. Con Bonaparte partì anche un piccolo esercito composto da quasi settecento uomini, tra cui molti giovani della famiglie elbane più in vista. I cittadini e le cittadine elbane al passaggio di Napoleone rimasero in silenzio e si scoprirono il capo per salutarlo ma molte furono anche le parole che gli rivolsero sia di augurio, che di raccomandazione e di gratitudine.
Il pittore Joseph Beaume ha fissato i momenti precedenti la partenza di Napoleone dall’Isola d’Elba in un dipinto del 1836 dal titolo “Napoléon Ier quittant l’île d’Elbe, 26 février 1815”, esposto presso il Musée Naval et Napoléonien di Antibes in Costa Azzurra.