Non si conosce esattamente la data di nascita dell’Aretino Angelo Gambiglioni. Probabilmente sul finire del trecento, come si può desumere dal suo pubblico addottoramento a Bologna nel 1422.
Nel secondo semestre del 1422, come vicario e collaterale del podestà Luca di Maso Albizzi da Firenze, si trovava a Perugia, dove tornò per il medesimo incarico nel primo semestre del 1429, mentre nel secondo semestre fu podestà a Volterra. In date che non è possibile precisare fu assessore a Città di Castello, a Roma, dove fu anche luogotenente del senatore di Roma, e a Norcia.
In quest’ultima città sarebbe incorso in un ingiusto giudizio di sindicato che gli sarebbe costato un anno di carcere e il rischio della decapitazione: l’unica fonte di questo episodio è un racconto del suo allievo Paride Dal Pozzo. Agostino Bonfranceschi, nell’annotare il Tractatus maleficiorum, racconta con biasimo come a Norcia egli avesse fatto decapitare un omicida, applicando il diritto comune anziché gli statuti che prevedevano una semplice pena pecuniaria: tuttavia non fa menzione di infauste conseguenze del successivo giudizio di sindicato.
Se da una parte svolgendo questi uffici Gambiglioni aveva potuto arricchire la sua preparazione giuridica, dall’altra aveva irrobustito la sua posizione sociale ed economica unendosi in matrimonio il 31 Gennaio 1423 con Maddalena di Girolamo Bacci, appartenente a quella facoltosa e notabile famiglia di mercanti aretini che legò il suo nome alla cappella maggiore della chiesa di S. Francesco dipinta da Piero Della Francesca. Dal 1431 al 1444-45 o al più tardi al 1445-46 fu professore a Bologna, ove ebbe anche incarichi giudiziari. Durante gli anni bolognesi Gambiglioni pubblicò alcuni dei suoi celebri scritti: primo fra tutti il Tractatus de maleficiis nel 1438, poi il De actionibus nel 1441-42 e il De appellationibus nel 1443; lavorò inoltre alla Lectura Institutionum, che terminò nel 1448 a Ferrara dove si era trasferito su invito di Leonello d’Este. Nella città estense lavorò anche al De re iudicata e al De testamentis.
Non a Ferrara, dove si era definitivamente stabilito nel quartiere di S. Gregorio, ma a Bologna, dove evidentemente continuava ad avere interessi, Gambiglioni cessò di vivere intorno al 23 Ottobre 1461; fu poi sepolto nella chiesa di S. Paolo a Ferrara.
Nel pur scintillante firmamento universitario italiano del secolo XV Gambiglioni brillò come una stella di prima grandezza: fu “vir magni ingenii maiorisque doctrine, practicus celeberrimus“. La sua fama di scienziato è ampiamente provata dall’immediato e longevo successo editoriale delle sue opere, mentre della sua eccellenza come pratico fanno fede il rilevantissimo numero di consilia e le sue stesse ricchezze. L’inventario redatto dopo la sua morte attesta l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare di Gambiglioni e permette di ricostruire la sua ricca biblioteca. In mezzo a una profusione di oggetti preziosi, di utensili, di abiti sontuosi e quotidiani, di appezzamenti agricoli, di crediti, ecco spiccare la sua pregevolissima raccolta libraria.
Gli scritti di Gambiglioni hanno impresso un’orma profonda nella storia del diritto. Celeberrimo il Tractatus de maleficiis, la più popolare e diffusa trattazione di diritto e procedura penale. Destinato alla pratica come alla scienza, il trattato nella sua struttura è legato a questa ambivalenza: si apre con un atto di inquisizione e una sentenza immaginari che poi, quasi parola per parola, vengono commentati in 85 rubriche, con pertinente letteratura scientifica, richiami a esperienze personali, esortazioni e ammonimenti a magistrati, avvocati e studenti.
La Lectura Institutionum, avviata per alcune parti anteriormente al 1441, fu elaborata in largo tratto d’anni fra Bologna e Ferrara, dove fu poi definitivamente rivista. Da essa Gambiglioni escluse espressamente la trattazione dei titoli sulle azioni e le eccezioni, oggetto di due studi separati, che tuttavia accompagnarono sin dall’inizio la Lectura nelle edizioni a stampa. Nonostante che le lecturae universitarie ne costituiscano la base e l’ossatura, grazie alla revisione dell’autore, il commentario non si presenta come una semplice raccolta di appunti presi a lezione, ma come un libro vero e proprio unitariamente concepito. Lo stile didattico non scalfisce le qualità scientifiche dell’opera che, a paragone di opere consimili dello stesso periodo e malgrado la notevole mole, godette di straordinaria fortuna editoriale, ancor più ricca e longeva del pur noto e apprezzato trattato sui malefici.
De actionibus, De exceptionibus, De appellationibus e De re iudicata sono le quattro monografie che, diverse per mole e fortuna, testimoniano la notevole attenzione dedicata da Gambiglioni al diritto processuale.
I suoi multiformi interessi abbracciarono anche il diritto delle successioni. Importante il De testamentis. Il trattato si apre con un’introduzione sulla materia testamentaria in generale, chiaramente slegata dal resto dell’opera, e quindi si articola in 113 glosse a commento di un testamento, di cui si deduce l’esistenza grazie alle poche parole riportate all’inizio di ogni glossa. Dettato a Siena da un cittadino aretino, in esso si richiamano luoghi, personaggi e usi che trovano una certa corrispondenza nella realtà senese del primo Quattrocento, quando forse Gambiglioni vi soggiornò come studente. La struttura dell’opera quindi, se non fosse appunto per l’introduzione, peraltro abbastanza breve, è simile a quella del Tractatus de maleficiis; i numerosi riferimenti autobiografici non possono che appartenere a un giurista operante nella pianura padana, anzi legato alla corte estense.