Da qualche tempo si sente parlare con crescente frequenza dei miracoli della robotica e dell’intelligenza artificiale. Poco più che fantascienza sino a un decennio fa, negli ultimi anni questa tecnologia ha fatto passi da gigante. Dagli algoritmi di machine learning a quelli di deep learning, che simulano le reti neurali del cervello umano, emulandone il funzionamento (o almeno cercando di farlo), siamo oramai quotidianamente testimoni di applicazioni, sia serie che facete, di questa tecnologia.
Tra le applicazioni serie, sono notevoli i sistemi creati con sorprendente velocità e versatilità per migliorare ed efficientare la gestione dell’emergenza Covid-19, come il software messo a punto da scienziati israeliani su incarico del loro Governo per monitorare, identificare e prevedere le zone di diffusione del contagio, o come i sistemi di radiomica intelligente e avanzata sviluppati e adattati alla diagnosi della polmonite da coronavirus. E poi vi sono i sistemi di guida autonoma di veicoli, che stanno cominciando ad affacciarsi sul mercato e che, con il raggiungimento, di qui a pochi anni, dell’agognato “Livello 5”, promettono di liberarci per sempre e del tutto dal noioso incombente di condurre le nostre automobili sino a destinazione.
Nel campo della robotica, poi, la stampa ha recentemente riportato il caso del governo del Ruanda che, per affrontare l’emergenza dovuta alla diffusione del contagio da Covid-19, si è fatto fornire da un’azienda belga cinque robot umanoidi per fornire supporto nello screening del coronavirus, nella consegna di cibo e farmaci ai malati, e per il collegamento in videoconferenza tra pazienti e medici.
Tra gli usi faceti, spicca senz’altro il ritratto del fantomatico Edmond de Belamy, concepito e creato interamente e in modo autonomo da un sistema di intelligenza artificiale messo a punto, e “nutrito” con circa 15.000 ritratti reali, da parte del (naturalmente e veramente – e quindi tutt’altro che artificialmente – intelligente) collettivo artistico Obvious. L’opera è stata battuta all’asta da Christie’s nell’ottobre 2019, ed è stata aggiudicata per la cifra di ben 432.500 dollari (quasi 45 volte la base d’asta) da parte di un certamente facoltoso (e forse anche lungimirante, o forse solo incantato) signore.
Non paghi dei recenti sviluppi, abbiamo voluto investigare il passato di questo settore tecnologico (che, a nostro avviso, comprende la robotica e l’ormai antica arte di costruire automi), e abbiamo così cercato e rinvenuto alcuni interessanti e singolari brevetti
Abbiamo considerato l’arco temporale 1850-1950, pur avendo presente che il termine “robotica” (“robotics” in inglese) è comparso per la prima volta nel racconto “Bugiardo!” (“Liar!”) di Isaac Asimov, pubblicato nel 1941 (e poi confluito nell’antologia “Io, Robot” (“I, Robot”), nella quale si enunciano anche le famose “Tre Leggi della Robotica”), e che il termine “automazione” (“automation” in inglese) è stato “introdotto negli anni 1940 da J. Diebold per descrivere il largo impiego di apparecchiature automatiche manifestatosi soprattutto nell’industria automobilistica”.
Ecco la prima delle categorie che avviamo investigato. Naturalmente non potevamo che iniziare dai… giocattoli. D’altro canto, è facile immaginare come, a quei tempi, per un bambino (e forse anche per un adulto) un giocattolo a forma di essere umano o di animale in grado di muoversi da solo dovesse davvero apparire come una meraviglia della tecnologia.
Antropomorfi
Un automa giocattolo antropomorfo è l’oggetto del più risalente brevetto che abbiamo rinvenuto, il n. 40891 concesso il giorno dell’Immacolata Concezione del 1863.
Abbiamo a che fare con una bambola androide in grado di simulare una camminata tramite un ingegnoso sistema di ingranaggi azionato da un meccanismo di carica a molla.
Dell’anno successivo è il brevetto n. 42962 (concesso il 31 maggio 1864), che riguarda un ballerino giocattolo.
L’androide è in grado di simulare un salto sopra una pedana, mediante un dispositivo che trasmette a tale pedana un impulso che, a sua volta, si trasmette al ballerino, proiettandolo verso l’alto; tale movimento è possibile in quanto il ballerino è vincolato alla parete del dispositivo mediante un cavetto elastico.
Di particolare pregio è infine il giocattolo oggetto del brevetto n. 180574 del 1° agosto 1876, che si riferisce a un salvadanaio.
Il raffinato, quanto semplice, meccanismo interno dell’automa fa sì che, allorché venga posta una moneta sul vassoio si producano in contemporanea i seguenti movimenti: (i) il braccio sinistro si abbassa per far scivolare la moneta nella “cassaforte”; (ii) il braccio destro si alza rimuovendo il cappello dalla testa; e (iii) in segno di ulteriore “gratitudine” il robot si inchina in avanti. Non appena la moneta scivola dal vassoio, l’omino torna nella sua posizione iniziale, pronto per una nuova sequenza (che, ovviamente, inizia solo se gli viene data una nuova moneta… chapeau!).
Animali
Tra gli animali robotici non poteva certamente mancare il cavallo, fidato quanto indispensabile sostegno alle attività e alla mobilità umana almeno fino al primo ventennio del secolo scorso. E, difatti, il primo brevetto che abbiamo trovato al riguardo, il n. 61416 del 22 gennaio 1867, riguarda un cavallo giocattolo automatico.
Anche in questo caso il movimento è conferito mediante un meccanismo a ingranaggi azionati da una carica manuale. Nel brevetto si specifica che “l’invenzione può essere applicata ad immagine di una varietà di animali, tanto quadrupedi, quanto bipedi” e che è stata “selezionato il cavallo poiché tale animale è il più appropriato per illustrare l’invenzione, sul presupposto che sia il in generale il più utilizzato in cavalli giocattolo e da divertimento realizzati per il giuoco dei bambini”.
Un altro interessante brevetto, il n. 131849 del 1° ottobre 1872, riguarda un orso giocattolo robot.
Nella descrizione del brevetto, l’inventore specifica, in particolare, che il sistema di ingranaggi consente al giocattolo, che rimane sulle anche, di “alzasi e abbassarsi da una posizione accovacciata a una eretta, e viceversa, di scuotere e muovere i suoi arti e zampe superiori, di aprire e chiudere la sua bocca, e di girare la sua testa in un modo a scatto, conferendo pertanto all’automa movimenti che gli conferiscano la sembianza di vita”.
L’ultimo brevetto di giocattoli a forma di animale, il n. 2364253 del 5 dicembre 1944, riguarda un sistema di tapis roulant che dà impressione di essere azionato da un quadripede.
Nel testo del brevetto si indica che l’invenzione “ha per principale oggetto di produrre un effetto illusorio, mostrando un animale robot che aziona un tapis roulant rendendo l’illusione di creare sufficiente energia per operare un meccanismo di pompaggio, o simile, quando in realtà è una sorgente nascosta di forza motrice ad azionare l’unità di pompaggio per produrre il movimento dell’animale, simulando la sua andatura costante sul tapis roulant; in altre parole, sebbene il dispositivo sia operato da mezzi di forza motrice nascosti, l’illusione creata è che la camminata dell’aminale sul tapis roulant produca sufficiente energia per azionare il sistema meccanico in questa particolare tipologia di unità di pompaggio”. Questo brevetto mostra che, ancora agli inizi degli anni 1940, c’è chi si divertiva e distraeva davvero con poco!
Acquatici
Il primo brevetto di questa sottocategoria, il n. 140259 del 24 giugno 1873, riguarda un robot nuotatore.
Oltre ad affrontare il problema di come attribuire movimento al corpo inanimato dell’androide (con un meccanismo a orologeria) e di come farlo procedere nell’acqua su una determinata traiettoria (con un semplice timone), l’inventore ha dovuto anche risolvere quello inerente al suo galleggiamento. Tuttavia, su questo punto il testo del brevetto è scarno, giacché si limita a indicare che “gli arti [del robot] dovrebbero essere realizzati con un materiale leggero, in modo da conferirgli galleggiabilità, e le loro differenti parti possono essere bilanciate in modo tale da fargli assumere una posizione naturale nell’acqua”: oggi, forse, ci si sarebbe posti il problema della nullità del brevetto per insufficiente descrizione.
Abbiamo poi trovato ben tre brevetti che hanno ad oggetto natanti propulsi da rematori antropomorfi.
Il brevetto n. 564961 del 4 agosto 1896, secondo il quale la forza remante è trasmessa ai remi mediante l’inclinazione, in avanti e indientro, del corpo del vogatore:
Il brevetto n. 2060619 del 10 novembre 1936, che riguarda un kayak provvisto di un sistema che consente di riprodurre in modo alquanto fedele la dinamica della vogata tipicamente attuata dall’utilizzatore di questo tipo di natante, e quindi i relativi movimenti del corpo:
Il brevetto n. 2224966 del 17 dicembre 1940, che protegge un natante meccanico a remi molto semplice e di pratica costruzione, che secondo quanto indicato dall’inventore, “sarà molto ragionevole da costruire e suscettible di esse venduto a un prezzo basso”:
Ma le sorprese dei brevetti dal passato non finiscono qui, continuate a seguirci per scoprire nuove meraviglie della tecnologia di cent’anni fa, spazieremo dallo sport al misticismo, dalla musica alla automazione.
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