Gaetano Filangieri, tra gli intellettuali più influenti dell’Europa del ‘700, nacque a Cercola, in provincia di Napoli, il 18 agosto 1752, e si spense prematuramente a soli 36 anni il 21 luglio 1788.
Nella sua breve vita, Filangieri riuscì tuttavia a elaborare un apparato filosofico ricco e sofisticato, che giocò un ruolo importante nel fervore intellettuale settecentesco, sfociato poi inevitabilmente nella Rivoluzione Francese. Morì un anno prima di potervi assistere, ma ne fu sicuramente un ispiratore.
Per questo, quando dopo dieci anni la rivoluzione raggiunse anche la sua terra, Napoli, al concludersi della breve esperienza repubblicana che ne scaturì la sua famiglia fu costretta all’esilio. Vedova e figli trovarono riparo presso Napoleone Bonaparte, allora console, che rese omaggio al Filangieri, a ce jeune homme, notre maître à tous – quel giovane uomo, maestro per tutti noi.
L’opera più significativa del suo pensiero è La scienza della legislazione, nella quale Filangieri delineò le caratteristiche di un ordinamento utopico in cui la grandezza delle nazioni è legata non alla forza delle armi, bensì alla bontà delle leggi dello Stato, alle quali è affidato il perseguimento del fine ultimo di ogni società umana: la felicità nazionale.
È di Filangieri la paternità di questo bellissimo concetto, che richiama il diritto alla ricerca della felicità contenuto nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, nonché nella Costituzione americana. è suggestiva la tesi secondo cui proprio l’illuminismo partenopeo di Filangieri avrebbe ispirato Benjamin Franklin nell’annoverarlo tra i diritti inalienabili dell’uomo, accanto alla vita e alla libertà.
La Scienza ebbe fortuna enorme in Italia, nonostante fosse stata messa prontamente al bando dalla Congregazione dell’Indice (di cui abbiamo parlato qui), e in Europa, dove circolò con diverse traduzioni. Proponeva un modello di monarchia illuminata in cui il sovrano si mettesse alla guida di una rivoluzione pacifica realizzata attraverso la riforma della legislazione.
Le riforme più urgenti riguardavano l’agricoltura, l’uguaglianza civile, l’istruzione, la codificazione, la giustizia, la redistribuzione della proprietà terriera e una fiscalità basata su un’imposta unica. Il sistema economico individuato da Filangieri è di chiara impronta fisiocratica, con l’accento posto sulla concorrenza e il libero scambio. Questi spunti vennero recepiti solo in minima parte dal Regno borbonico, per venire poi spazzati via del tutto dalla Restaurazione.