La parola attentato è molto utilizzata oggi. Tristemente, siamo abituati a sentirla e leggerla spesso. L’Attentato è l’atto con cui si attenta a persona o cosa, e che, nel diritto, è considerato un reato già consumato anche se non si produce il danno e il colpevole non raggiunge il fine che si era proposto.
L’Ottocento è stato un secolo buio da questo puto di vista, dal punto di vista degli attentati a personaggi politi illustri, su tutti basti citare gli attentati nei quali venne coinvolto lo zar di Russia Alessandro II. Storicamente non potrebbe essere diversamente, siamo all’interno di un secolo travagliato: la Rivoluzione Francese e il dominio napoleonico avevano esportato tutti i valori repubblicani e, soprattutto, l’idea di nazione, alla base dell’indipendentismo. Viene da sé che il tampone della Restaurazione non sarebbe potuto durare a lungo e che prima o poi la voglia di libertà dalla dominazione straniera e di autodeterminazione avrebbero prevalso. Se le istanze e i dibattiti, le manifestazioni e i proclami non fossero bastati, si sarebbe ricorsi alla violenza perpetrata da soggetti o da parte di gruppi veri e propri.
Come molti altri rivoluzionari ed indipendentisti, la vita di Felice Orsini fu costellata di fughe, unioni in diverse associazioni e, purtroppo, non priva di omicidi, il primo all’età di sedici anni, quando uccise un cuoco nelle cucine della casa dello zio. Da qui partì la fuga, l’unione all’attività carbonara, l’affiliazione con Mazzini, una nuova fuga verso Londra, reo di aver fomentato una ribellione nel Lombardo-Veneto austriaco (per il quale venne arrestato, ma incredibilmente riuscì ad evadere).
Nel 1857, proprio a Londra conobbe Simon Berndard, un fanatico francese che era fuggito in Inghilterra per sfuggire ad un arresto. I due strinsero un rapporto di amicizia, e fu a questo punto che Bernard parò a Orsini di un attentato a Napoleone III. Nelle idee dei due, una volta ucciso il monarca francese, il papa sarebbe stato privo di protezione e quindi sarebbe stata possibile l’unificazione italiana, proprio approfittando della debolezza dello Stato pontificio.
Convinto della buona riuscita del piano, Orsini interruppe i rapporti con Mazzini, reo di seguire una strategia troppo poco concreta e perdente, iniziando a progettare l’attentato al sovrano, colpevole, tra le altre cose, di avere abbandonato gli ideali della Carboneria professati in gioventù. Elaborò una nuova idea secondo la quale dopo la dipartita di Napoleone III si sarebbe innescata una rivoluzione in Francia, che poi si sarebbe espansa anche in Italia, per arrivare alla tanto agognata unificazione. Per l’attentato realizzò cinque bombe a mano con innesco a fulminato di mercurio, riempite di chiodi e pezzi di ferro, ordigni rudimentali ma efficaci; armi che successivamente verranno ricostruite per altri attentati proprio con la denominazione “Bombe Orsini”.
Era la sera del 14 gennaio 1858, Napoleone III e la sua consorte erano su una carrozza blindata, sulla via dell’Opéra le Pletier, per assistere all’opera lirica Guglielmo Tell di Rossini. Una volta che la carrozza giunse davanti al teatro Orsini e altri tre complici lanciarono le bombe, che fecero una strage tra la folla li presente (12 morti e 156 feriti), ma il sovrano fu protetto dalla carrozza, rimanendo illeso, il veicolo era stato previdentemente blindato dai costruttori con l’aggiunta di placche di acciaio.
A nulla servì la fuga, inizialmente concessa dal caos generato dalla folla nel panico. Orsini venne arrestato alcune ore dopo l’attentato. Fu trovato dalla polizia parigina nel letto di casa sua con una vistosa fasciatura sul volto (procurata con uno degli ordigni). Uno dei suoi complici, Antonio Gomez, non reggendo alla pressione, aveva parlato. L’episodio diede il via ad una repressione da parte del sovrano e della polizia, che portò all’arresto di molti esponenti repubblicani francesi.
Durante il processo, che si tenne alla fine di febbraio, Felice Orsini fu fatto passare non come uno stragista che aveva attentato alla vita dell’imperatore, ma come un patriota che stava lottando per liberare il suo paese dall’oppressione e dalla tirannide. Ma venne ugualmente condannato a morte, con il sostegno dell’opinione pubblica e popolare francese.
Felice Orsini venne ghigliottinato la mattina del 13 marzo 1858.