“Se non vedo, non credo“, è una di quelle affermazioni che i materialisti conoscono assai bene e pronunciano ancor più spesso. Ma invece la Fede è Fede, e il credente non ha bisogno di prove e manifestazioni concrete dell’oggetto del suo credo.
Però ogni tanto una prova ci vuole, anche piccola, un indizio, un’impronta lasciata lì per caso quasi per sbadataggine, un piccolo miracolo.. qualcosa che non sia troppo evidente, che non dia nell’occhio, che preservi sempre sigillata la cortina di ferro che divide il mondo terreno e quello metafisico, e che faccia però dire almeno a qualcuno: “Ah, ok. Allora sì“.
Forse è per questo che da che mondo è mondo, le divinità si divertono a fare capolino nelle nostre vite. Certo, c’è chi esagera, come gli dei pagani (inguaribili narcisisti) e chi proprio non vuole saperne di farsi vedere, come il Dio delle religioni “monoteiste”, che nessuno sa che faccia abbia, e che però non manca di dar segno della sua esistenza, non solo con sciagure, disastri, guerre e pestilenze, ma anche attraverso apparizioni di suoi rappresentanti.
Diversi cameo sono attribuiti a Santi e Beati nella religione cristiana, e in particolare quella cattolica. Ma la star assoluta è la Madonna. La Chiesa ha accertato una serie di apparizioni, qualcuna è ancora al suo vaglio, e tantissime sono state però esplicitamente disconosciute.
Ho provato a fare qualche ricerca e mi sono reso conto che le apparizioni mariane si sono concentrate prevalentemente nell’800. Comprese quelle più famose, ovvero quelle a Lourdes del 1858. Ed è forse grazie ai racconti di Lourdes, che ad Assisi qualche decennio più tardi, nel 1895 il giovane Giovanni Fabrizi, di anni 14, vide la Madonna in una cava di breccia preannunciargli la guarigione di sua sorella Giselda, affetta da una grave forma di tifo. La Vergine Maria comunicò anche data e ora della guarigione: ore 8:00 del 2 ottobre 1895.
Il piccolo Giovanni corse a casa e raccontò della visione alla sua famiglia. La voce si sparse. E così, all’ora e al giorno prestabiliti la giovane Giselda comunicò di essere effettivamente guarita come da prognosi divina, “nonostante persistesse in lei la febbre salita anche a gradi 39“. Ma questo lieve dettaglio non frenò a una frotta di fedeli ad accorrere presso la casa di campagna dove abitavano i due giovani con la loro famiglia. Fu in breve tempo eretto addirittura un tempietto e allestita una baracca per gestire la moltitudine di curiosi. E l’afflusso di persone fu così elevato e ingestibile che la famiglia Fabrizi, insieme a tanti di quelli che erano accorsi in adorazione e agli altri che avevano diffuso la notizia del miracolo, furono denunciati perché “abusando della credulità popolare” avevano “turbato l’ordine pubblico col propalare la pretesa apparizione e i miracoli“.
Il Pretore di Assisi aveva condannato a diversi giorni di arresto i protagonisti della vicenda ritenendo integrata la contravvenzione dell’impostura. E per fortuna il Tribunale di Perugia e la Cassazione erano stati più clementi e saggi. Quei poveri cristi avevano fatto tutto in buona fede, e cioè non avevano venduto rosari o acqua benedetta, non avevano ceduto i diritti per la riduzione cinematografica degli eventi miracolosi, non staccavano biglietti per parlare con veggente e miracolata, insomma non avevano avuto affatto l’intenzione di lucrare, approfittando della credulità popolare. Ci credevano tutti per davvero!
E d’altronde, si sa: quando la Madonna appare, non c’è Santo che tenga.
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