Il Primo di Maggio è la Festa Internazionale dei Lavoratori.
Si celebrano, praticamente in tutto il mondo, le lotte operaie che nel XIX secolo portarono la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore al giorno (amici avvocati e non solo, e voi – nel XXI secolo – quante ore al giorno lavorate?).
Ma perché proprio il primo maggio?
Ebbene, la scelta di questa data ha una precisa origine storica.
Chicago, Illinois, Stati Uniti, 1 maggio 1886. I sindacati dei lavoratori avevano organizzato uno sciopero per rivendicare il diritto alla giornata lavorativa di otto ore. Il successivo 3 maggio gli scioperanti si riunirono difronte alla fabbrica McCormick, che produceva mietitrici. Vi fu un assalto della polizia che provocò due morti tra i manifestanti. Il giorno seguente, si unirono ai manifestanti anche alcuni anarchici locali che organizzarono un presidio in Haymarket Square. Nel corso della manifestazione, che all’inizio si era svolta in maniera pacifica, scoppiò vi fu una feroce guerriglia tra manifestanti e agenti di polizia. La polizia aprì il fuoco dopo che uno sconosciuto gettò una bomba su un gruppo di agenti, uccidendone uno. A seguito degli scontri (evidentemente impari) morirono altri sette agenti di polizia (uccisi dal fuoco amico) e molti civili.

l’esplosione dell’ordigno ad Haymarket Square
Vi fu un processo sommario che portò alla condanna a morte di otto anarchici, che si rivelarono in seguito innocenti (solo la metà di loro ricevette anni dopo la grazia dopo aver scontato comunque un lungo periodo in prigione). Secondo alcuni, non fu un processo sommario, né un caso di malagiustizia, ma addirittura un “suicidio giudiziario” frutto di una difesa volutamente male organizzata che avrebbe portato a una pesante condanna, sacrificando – martirizzandoli – alcuni attivisti al solo fine di amplificare l’eco della lotta anarchica, e dando ancora più rilievo a un evento che sarebbe ricordato negli anni a seguire come simbolo delle lotte operaie.
Ora, a me questa teoria lascia un po’ perplesso, fatto sta che il 1889 la Seconda Internazionale proclamò a Parigi la data del primo maggio come giornata internazionale dei lavoratori. Fu, fin dalla sua istituzione, una delle ricorrenze più festeggiate al mondo e certamente le giornata simbolo dei nascenti partiti proletari.
Anche in Italia, dove il Partito Socialista fu fondato nel 1892, il primo maggio divenne da subito un appuntamento fisso.
Nel 1923, però, la festa fu soppressa con il decreto legge che istituì la festa del 21 aprile, il Natale di Roma, che sarebbe stato destinato secondo il regime “alla celebrazione del lavoro, ed è considerato festivo, eccetto che per gli uffici giudiziari (ti pareva, ndr)”.
La festa sarebbe stata reintrodotta solo nel 1945, all’indomani della fine della guerra.

prima pagina dell’Avanti il 1 maggio 1945
Ma per dare una idea di quanto fosse invisa al fascismo la festa del primo maggio, in quanto data simbolo del nemico, basta leggere la Massima dal Passato di questa settimana.
Si tratta di una tanto breve quanto interessante sentenza della Corte di Cassazione del 1925, quando il regime era ancora giovane ma Mussolini aveva già assunto poteri dittatoriali.
I giudici condannarono per il reato di vilipendio alle istituzioni costituzionali alcune persone che in una osteria (non so perché immagino una osteria di Livorno, o Genova, anche se forse era Milano – nella sentenza non è scritto) si erano riunite il 1 maggio 1924, e chissà dopo quanti bicchieri si erano ritrovati a cantare il “canto rivoluzionario Bandiera Rossa” al grido di:
viva la rivoluzione, viva Lenin, abbasso il Governo, abbasso Mussolini
Il fatto che le frasi sediziose furono pronunciate il 1 maggio risultò quasi una aggravante, se non una prova del reato, perché il 1 maggio era considerata una giornata “pericolosa” in quanto “gli animi dei sovversivi sono eccitati”.
Godiamocela, ogni tanto, la nostra libertà.
Buon Primo Maggio a tutti Voi.

massima
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Il Procuratore generale (Liguori) : — Rileva che entrambi i motivi proposti a giustificazione del gravame si appalesano inattendibili e privi di giuridico fondamento. E, in vero, si lamenta col primo mezzo la violazione dell’art. 126 cod. pen. perchè il grido “abbasso il Governo” non costituisce il reato di vilipendio alle istituzioni, poiché il Governo non è una istituzione dello Stato.
Ma all’uopo è da rilevare che, per quanto non si contrasti che il vilipendio cui si riferisce il delitto in esame sia solo quello che tende a coprire il disprezzo e a recare offesa alle istituzioni che costituiscono l’essenza del Governo monarchico costituzionale e non degli organi che le rappresentano, pure, nell’espressione incriminata si racchiude un evidente pensiero di discredito e di onta per il regime monarchico nella sua costituzionale rappresentanza.
La frase detta non può essere considerata alla stregua del suo astratto valore, e quale obiettiva critica e censura a sistemi e metodi nell’esercizio del potere rappresentativo.
Essa va messa in relazione del pensiero politico di quell’accolta di faziosi, avversi alle istituzioni costituzionali e alle modalità di quella dimostrazione sovversiva in un pubblico esercizio.
Essa poi è determinata dalla speciale contingenza del 1° maggio, la così detta festa dei lavoratori, vietata dal l’Autorità di p. s. perché ritenuta perturbatrice dell’ordine pubblico, ed è accompagnata da quelle incomposte e sovversive grida, inneggiatrici della rivoluzione e dei suoi esponenti, che se ne fecero assertori, e demolitrici del capo del Governo nazionale, che integra e sintetizza il vigente ordine politico costituzionale.

decreto legge 1923 che istituì la festa del Natale di Roma e soppresse la festa del Primo Maggio
Tutti gli estremi, adunque, integratori della figura giuridica di cui all’articolo 126 del vigente cod. pen. si riscontrano in quella sintomatica frase, che suona vera e propria esaltazione di un fatto delittuoso.
Che, in ordine al secondo mezzo, basta la nuda e in controversa menzione delle frasi facinorose gridate dai ricorrenti per sorprenderne il carattere fazioso:
«viva la rivoluzione, viva Lenin, abbasso il Governo, abbasso Mussolini».
E la bolscevica dimostrazione è accompagnata dal canto rivoluzionario di «bandiera rossa» e segue nella pericolosa giornata del 1° maggio, quando più gli animi dei sovversivi sono eccitati; e inoltre non si può contrastare l’estremo della pubblicità, perché le grida sediziose sono emesse in un pubblico esercizio, osteria, come con insindacabile criterio ha ritenuto il giudice di merito.
Resta quindi pienamente dimostrata, nella sua essenza giuridica, la figura di reato di cui all’art. 3 legge di pubblica sicurezza. Per questi motivi, rigetta ecc.
La Corte decise in conformità.