Gli anarchici europei riunirono i loro canti di contestazione politica nel Canzoniere dei ribelli dalla metà dell’Ottocento, poi ripreso e pubblicato da alcune case discografiche a partire dagli anni ’60.
Sfogliando la Rivista penale italiana del 1901 ci siamo imbattuti in un caso curioso arrivato in Cassazione. Non conosciamo molto della vicenda, ma finì con condanna per istigazione a delinquere per colpa di un “canzoniere dei ribelli” che inneggiava all’anarchia, la cui diffusione venne considerata atto di incitamento all’odio fra classi sociali. Il reato era punito dall’art. 247 del codice penale di allora (il codice Zanardelli), articolo dedicato ai reati contro la “persona dello Stato”. In modo curioso, era lecito incitare all’odio fra classi sociale, però la condotta diventava illecita se ciò avveniva “in un modo pericoloso per la pubblica tranquillità”.
Ma la cosa che ha catturato di più la nostra attenzione sono stati questi canti inneggianti all’anarchia.
Le cellule anarchiche che si contrappongo all’autorità dello Stato sono attive in tutta Europa e nel mondo dal XIX secolo, e da sempre perseguite dall’autorità giuridica. Nonostante la continua fuga dagli occhi della giustizia, gli anarchici hanno sviluppato diversi modi per diffondere le proprie idee: una di queste risiede nel Canzoniere degli anarchici, che circola in Europa a partire dalla fine dell’Ottocento.
Si tratta della prima raccolta nota di canti composti tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, ossia il Canzoniere dei ribelli pubblicato in Svizzera nel 1899, che contava una cinquantina di pagine intrise di contestazione politica. Nel caso aveste un revival d’ispirazione anti-statale, o foste soltanto dei curiosoni intellettuali, l’opera è disponibile nella sua interezza su vari siti web: vi basterà chiedere a Google. L’opera è stata aspramente criticata e perseguita dalle autorità del tempo, i cui roghi e condanne non riuscirono tuttavia a estinguerne la fiamma.
Sappiamo che il termine “anarchico” si diffuse in Europa a partire dalla Francia di fine del Settecento, dove anarchici, prima enragés, erano definiti i gruppi dei rivoluzionari radicali che rifiutavano ogni tipo di autorità dopo la destituzione dei reali di Borbone.
Sebbene non esista una sola forma di organizzazione degli anarchici e una sola corrente politico-filosofica a ispirarne l’azione, generalmente si riconduce al grande cappello dell’anarchia quei movimenti che operano nella volontà di liberare, secondo la loro prospettiva, la società dal controllo dello Stato, avvertito come un mostruoso Leviatano invadente della sfera privata e inefficace quanto soffocante nella gestione di quella pubblica.
La società dovrebbe quindi reggersi su organizzazioni volontarie, collettivismo delle risorse e con un certo grado di parità circa il comando delle stesse, ma esistono anche forme di anarchismo che predicano l’individualismo più totale, ossia l’auto-gestione del singolo della propria vita e relazione con gli altri. Il modus operandi è poi divergente da prospettiva da prospettiva: ci sono gruppi organizzati che perseguono azioni terroristiche al fine di raggiungere i propri scopi, mentre altre scuole di pensiero anarchico ripudiano la violenza optando per il totale pacifismo.
Nei secoli passati, tanto in Francia quanto in Italia e nel resto d’Occidente, gli anarchici si posero in netto contrasto con il potere delle casate reali, spesso oggetto non solo di contestazioni ideologiche, ma anche di beffe di ogni genere che circolavano in pamphlets, operette più o meno brevi, delle principali città.
A questi si aggiungevano canti che mescolavano ritmi e melodie popolari a testi di contestazione, e che iniziarono a essere messi insieme dalla metà del 1800, sino ad essere pubblicati negli anni ’60 e ’70 da alcune case discografiche. Esistono anche vere e proprie compilation di canti anarchici ancora disponibili presso rivenditori privati online.
Un esempio recente in Italia è offerto dal Canzoniere anarchico pubblicato dalla casa discografica Goodfellas per il gruppo musicale Montelupo, che riporta i canti della tradizione anarchica italiana. Curiosi? Beh, potete ascoltarlo persino su Spotify comodamente dal vostro smartphone!
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