Dato che purtroppo il tema è ancora all’ordine del giorno, mi sono rinfrescato la memoria su quanto accaduto in Italia verso la fine degli anni ’30, e cioè 80 anni fa (ottanta, non ottocento).
Solitamente, si rievoca l’obbrobrio delle leggi razziali soprattutto per quanto riguarda i provvedimenti adottati dal legislatore italiano nel 1938 che avevano pesantemente limitato i diritti civili dei cittadini di religione ebraica.
Molti ricorderanno l’annuncio dell’allora Presidente del Consiglio alla strabordante piazza di Trieste il 18 settembre 1938 (L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo”, qui video), o il Manifesto sulla Difesa della Razza sottoscritto da certi scienziati e pubblicato il 5 agosto 1938 (“È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti“, qui il testo completo).
In realtà però, il Governo aveva già adottato nell’aprile del 1937 un decreto legge , strumento nemmeno previsto dallo Statuto Albertino e che in teoria sarebbe dovuto comunque essere emanato solo in situazione di particolare necessità ed urgenza, contenente un’unica norma, del seguente tenore:
Il cittadino italiano che nel territorio del regno o delle colonie tiene relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’africa orientale italiana o straniera appartenente a popolazione che abbia tradizioni, costumi e concetti giuridici e sociali analoghi a quelli dei sudditi dell’africa orientale italiana, è punito con la reclusione da uno a cinque anni
Il decreto sarebbe poi stato convertito in legge con una sbrigativa seduta di fine anno (314 sì su 314 presenti).
La legge era rivolta in particolare agli italiani che vivevano nelle colonie, cui era proibito contrarre matrimonio con africani, e vietava il madamismo, cioè il concubinaggio con africani. La pena non era nemmeno di poco conto, da 1 a 5 anni. Il bene pubblico tutelato dalla norma era la purezza della razza italiana, a rischio inquinamento dalla possibile nascita di “meticci”.
Quella legge, a differenza di molte altre, non rimase lettera morta. A essa scampò Indro Montanelli che appena un anno prima dell’emanazione della legge aveva sposato per madamato una donna eritrea, ma dopo la sua entrata in vigore fu applicata in particolare dai tribunali italiani nelle colonie.
Tra i vari, un caso mi ha particolarmente interessato. Quello deciso dalla Corte d’Appello di Addis Abeba il 3 gennaio 1939, sul processo a tal Manca che intratteneva rapporti con la sua domestica eritrea (per un’altra Massima dal Passato da Addis Abeba leggi qui. La Corte, analizzando il caso, ritenne che quel tipo di rapporto, saltuario e non more uxorio non costituisse violazione della legge, nè attentato alla purezza della razza italiana e quindi non condannò il “malcapitato” (anche i Tribunali fascisti avevano un cuore?).
Quello che sconcerta invece, al di là della norma, al di là dell’assurdo processo, è il commento aspro e critico nei confronti di quella sentenza di assoluzione, pubblicato sulle riviste giuridiche dell’epoca. Ed è proprio questo il brano che vi propongo. Si parla di “Ricostruzione dell’Impero”, “civiltà romana”, “compito di illuminare gli altri popoli affidato dalla storia all’Italia”, “purezza della razza“.
Si tratta di un testo intriso di espressioni grottesche, che discendono dall’assurdo storico secondo cui il nostro paese sarebbe abitato da cittadini di pura razza italiana, discendenti dalla stirpe romana. Dimenticando ad esempio, che la maggior parte degli Imperatori romani erano stranieri, e molti erano neri (come per esempio il libico Settimio Severo che aveva preso in moglie – quindi imperatrice – Giulia Domna, una donna siriana), e che l’Italia unita era stata fatta da nemmeno settant’anni, e che nel corso dei millenni decine di popoli, venuti da ogni dove avevano portato nel sacro suolo italico le proprie tradizioni e i propri diversissimi geni, mescolandoli a tanti altri.
Varrebbe la pena leggerlo tutto questo assurdo commento, per comprendere fin dove si può spingere l’umana follia.
E a chi credesse che si tratti di un tema senza senso, superato, o a chi pensi che sia esagerato riesumare questo passato, o a chi addirittura lo condividesse ancora, dico:
NON ABBASSIAMO LA GUARDIA.
Buona lettura.
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