Lo Statuto di Baiona fu una carta costituzionale per legittimare un nuovo sovrano, ma anche uno strumento giuridico che provò a innovare in materia di amministrazione e diritti, non senza critici.
Il Regno di Napoli sperimentò diverse carte costituzionali che furono spesso preziosi strumenti giuridici capaci di innovare la dottrina esistente e ispirare i documenti successivi. Tra questi si segnala lo Statuto di Baiona, ossia una carta costituzionale redatta con il contributo di Giuseppe Zurlo, noto giurista del tempo, che ricoprì molteplici incarichi ministeriali: ministro delle finanze sotto il regno di Ferdinando IV di Borbone e ministro dell’interno per Giuseppe Bonaparte.
Obiettivo dello Statuto era innanzitutto legittimare il nuovo reggente dei Bonaparte (qui un approfondimento sull’ascesa di Napoleone) al trono del Regno di Napoli: il fratello di Napoleone, Giuseppe Bonaparte, aveva regnato su Napoli dal 1806 al 1808, sottraendo il potere ai Borboni. Giuseppe apprezzava il governo della vivace Napoli, e a malincuore lasciò il bel golfo per recarsi in Spagna, conquistata proprio nel 1808 dai Bonaparte, sotto ordine del fratello imperatore. Nuovo re di Napoli fu allora il generale francese e cognato Gioacchino Murat.
La carta ben rispecchiava l’ideale politico-amministrativo di Napoleone. Il preambolo indicava chiaramente un patto tra il re e il popolo, pur trattandosi di una carta ottriata, ossia concessa dal sovrano.
L’ereditarietà del trono era disciplinata secondo la legge salica, pur prevedendo che alla morte prematura del re, Murat, la consorte Carolina (sorella di Napoleone) avrebbe governato in suo nome.
Fu istituito un parlamento diviso in cinque Sedili, o aree, da venti membri ciascuno, sulla base di una suddivisione dei cittadini in cinque classi sociali: clero, nobili, dotti, commercianti e possidenti. L’accesso al parlamento era regolato tramite l’istituzione di appositi collegi elettorali o per nomina regia. Convocato dal re, doveva riunirsi almeno una volta ogni 3 anni (davvero poco se si pensa agli ideali di giustizia ed equità del governo nel rapporto con il popolo) e le sue sedute non erano pubbliche. Inoltre il re nominava 3 commissioni (della giustizia, delle finanze e dell’interno), ognuna composta da 5 membri.
Lo Statuto raccolse anche alcuni diritti fondamentali, come l’abolizione dei privilegi nobiliari – relativi soprattutto alla tassazione, l’inviolabilità del domicilio, l’abolizione della tortura, la libertà di stampa, il diritto di accesso alle cariche pubbliche per i non nobili, a patto che avessero la cittadinanza del suddetto Regno.
Tuttavia, la Costituzione di Baiona incontrò scarso consenso nel Regno di Napoli: il partito liberale napoletano ed il ceto borghese giudicavano lo Statuto povero quanto a riforme di stampo liberale. Non era poi così distante, secondo i critici del tempo, dai precedenti dettami Borbonici, che anzi mostrarono spesso un’organizzazione politico-amministrativa dinamica e illuminata.
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