A nemmeno trent’anni, già professore di Procedura Civile, il celebre giurista Piero Calamandrei partecipò alla Prima guerra mondiale arruolandosi come volontario. Fu il primo a entrare a Trento abbandonata dagli austriaci la mattina del 3 novembre 1918.
Non solo un grande giurista, padre costituente, membro di spicco della resistenza, fondatore del Partito d’Azione, brillante scrittore. Tra i primati della insuperabile vita di Piero Calamandrei ve ne fu anche uno bellico di straordinaria importanza storica.
Quando non aveva nemmeno trent’anni, ed era già professore di Procedura Civile, prese parte alla Prima guerra mondiale arruolandosi come ufficiale volontario nel 218° reggimento di fanteria. La mattina del 3 novembre 1918, fu il primo a entrare a Trento mentre gli austriaci lasciavano la città all’Italia.
Nel libro “Zona di guerra: Lettere, scritti e discorsi (1915-1924)” (Laterza 2014), è riportato il racconto scritto di suo pugno con cui il celebre giurista dà conto di quella storica giornata.
«La mattina del 3 mi svegliai prima dell’alba e feci in fretta i preparativi per partire a gran velocità verso Trento dove credevo che la nostra cavalleria fosse già arrivata. Presi il mio sidecar, vi cacciai l’elmetto, la maschera e la rivoltella, una bottiglia d’acqua, un involtino con pane e carne, una carta topografica. E poi mi venne un’idea: su alla baracca, nel nostro deposito di materiali per le case del Soldato, dovevano essere restate un centinaio di bandierine tricolori, grandi circa 30 cm, sul lato più lungo. Le mandai a prendere d’urgenza e le caccia in fondo a quella specie di tinozza in cui dovevo viaggiare. Poi poi… avevo l’intenzione di andare a mettere una grande bandiera sulla statua di Dante che aspettava…»
Calamandrei superando continuamente truppe austriache in sgombero giunse finalmente a Trento
«in un viale alberato, in mezzo a belle palazzine, in mezzo a un gran via vai di automobili austriaci, di soldati austriaci, di ufficiali austriaci… Largo! Largo! La folla si apriva… vidi che alle finestre c’erano già tante bandiere italiane: ebbi la visione di una gran città polverosa e tumultuosa che ad ogni finestra avesse un tricolore. Mentre i carnefici facevano in fretta le valigie per partire, Trento si era già messa i suoi colori e aspettava… Infilai senza fermarmi nel Borgo Nuovo che porta diritto al centro della Città: cominciai a sentire delle grida di gioia dalle finestre e dai marciapiedi, e mi accorsi che qualcheduno cominciava a rincorrermi per farmi festa. Ma io avevo l’intenzione di arrivare senza fermarmi al monumento di Dante, e per tutta risposta alle grida mi sfogavo a lanciar bandierine. Dieci, venti, cento persone mi si buttarono addosso da tutte le parti, urlando, piangendo, ridendo, soffocandomi, senza permettermi di alzarmi dal mio carrozzino… Ebbi l’impressione di essere schiacciato da una valanga di mani che facevano a gara per stringer la mia mano, per agguantare la bandierina preziosa».