Il 29 aprile 1848 Vincenzo Gioberti fa rientro in Italia dopo un periodo di esilio decennale trascorso a Parigi e Bruxelles.
Gioberti fu un politico, filosofo e teologo italiano. Arduo sostenitore del processo di unificazione italiana, noto per le sue idee di matrice risorgimentale, sintetizzò nelle sue posizioni principi del risorgimento filosofico e di quello nazionale che stava diffondendosi nella penisola. Collaborò con la rivista di Giuseppe Mazzini, la Giovine Italia, pubblicando una lettera intitolata Della repubblica e del cristianesimo, che gli costò l’arresto e l’esilio. Al suo rientro trionfale ricoprì la carica di Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna.
Gioberti fu tra i pensatori politici più influenti dell’Ottocento. Lo ricordiamo per aver sviluppato il suo pensiero elaborando anche interessanti teorie nella dimensione giuridica. In particolare, Gioberti differenzia la nozione di diritto sovrano da quella di diritto del principe. La sovranità rappresenta a suo dire “l’unico giure assoluto, essenziale, irrepugnabile” che, una volta completato il processo di unificazione in un solo soggetto politico, trasferirà alla nazione le stesse prerogative che i sostenitori dell’assolutismo assegnavano al principe. Secondo Gioberti il diritto della nazione è talmente importante da legittimare sia la resistenza nei riguardi di un monarca assoluto sia, in alcun casi, l’insurrezione.
Tra le sue opere politiche più note ricordiamo Del primato morale e civile degli italiani, in cui auspica per l’Italia l’adozione di un modello federalista con a capo il pontefice. Tale soluzione rappresentava a suo dire il paradigma perfetto per esaltare i valori propri del cattolicesimo nella dimensione politica. Ricordiamo inoltre Del rinnovamento civile d’Italia, in cui Gioberti sostiene la tesi dell’unificazione identificando nei sabaudi gli affidatari del destino nazionale e del diritto di intervenire negli altri stati della penisola, designando Roma come capitale.