Il biennio 1848-49 fu uno di quei momenti in cui la scintilla della rivoluzione e della ribellione si accese in tutta Europa. Lo spirito nazionale venne riscoperto in quelle regioni del vecchio continente in cui l’identità nazionale era più forte e coesa da un punto di vista storico. Uno dei casi più particolari dei moti del ’48 e dei suoi risvolti fu quello della penisola italiana e di Roma in particolare, dove tra l’entusiasmo generale, il 9 febbraio del 1949 venne proclamata la Seconda Repubblica.
Nel gennaio del 1948 la città di Palermo insorse contro il governo borbonico di Napoli, da qui seguì un’insurrezione anche nella capitale dei Borbone, che costrinse il re Ferdinando II a promettere la Costituzione, successivamente promulgata l’11 febbraio dello stesso anno. Nello stesso giorno, Leopoldo I di Toscana concesse la Costituzione a sua volta, sotto la pressione generale dei suoi sudditi. Alla fine del mese di febbraio, anche a Parigi, i moti portarono alla proclamazione della Seconda Repubblica. Durante i primi giorni di marzo, il 4, anche Carlo Alberto di Savoia si trovò costretto a concedere lo Statuto Albertino ai piemontesi. Il 13 marzo anche Vienna venne travolta dai moti che portarono alla caduta politica di Metternich. Il giorno dopo il papa, a sua volta, concesse lo statuto. È invece datata 18 marzo l’inizio delle cinque giornate di Milano.
Proprio lo scoppio di quelle che saranno le cinque giornate di Milano diedero un’ulteriore spinta agli spiriti patriottici degli italiani in tutta la penisola: tra il 21 e il 24 marzo Leopoldo II inviò il proprio esercito verso la città milanese per dare man forte contro gli austriaci; mentre Carlo Alberto guadò il Ticino in direzione Verona. In questo primo momento di euforia sembrò che anche il papa Pio IX si fosse schierato con la causa patriottica, infatti permise la partenza da Roma per Ferrara di un contingente militare guidato da Giovanni Durando, una divisione di 7.500 uomini, la quale era fiancheggiata da circa 4.000 volontari dei corpi franchi, seguiti a loro volta da un’altra divisione di Guardie Civiche e di volontari della Legione dei Volontari Pontifici, a sua volta formata da circa 7.000 soldati. A questi si aggiunsero i 16.000 soldati napoletani e qualche altro migliaio di toscani. Ma dopo le prime battute Pio IX, con l’Allocuzione al concistoro condannò la guerra contro l’Austria, capendo che in caso di vittoria solo lo stato sabaudo ne avrebbe tratto benefici. La delusione per molti patrioti romani fu cocente.
La situazione a Roma iniziava a farsi molto delicata e tesa: il papa cercò di raddrizzare la situazione affidando nuovi incarichi di governo, il primo Mamiani e il secondo a Odoardo Fabbri, ma entrambi fallirono nell’amministrazione del territorio romano. I livelli di tensione arrivarono al culmine quando il ministro Pellegrino Rossi venne assassinato, in quel momento il pontefice ebbe la dimostrazione di non poter più controllare la Città Eterna e si rifugiò a Gaeta sotto la protezione di Ferdinando II.
Senza un governatore per Roma, fu convocata l’Assemblea costituente, la quale indisse le elezioni per la fine del gennaio 1849 dove vennero eletti 149 rappresentanti del popolo, nonostante le scomuniche del papa. L’Assemblea aveva come presidente Giuseppa Galetti e come vice presidente Aurelio Saffi e Luigi Masi; i lavori cominciarono il 5 febbraio con l’obbiettivo di formare un governo. Giuseppe Garibaldi propose di votare senza tanti complimenti formali, ma l’opinione genarle fu quella di seguire la corretta prassi parlamentare e si dovette attendere la notte tra l’8 e il 9 febbraio 1849 per il voto (118 voti favorevoli, 8 contrari e 12 astenuti), ma finalmente alle prime luci dell’alba del 9 la nacque ufficialmente la Repubblica Romana.
Malgrado il generale fallimento dei moti del 1848 e degli avvenimenti del 1849, l’esperienza della Repubblica Romana fu di fondamentale importanza per la penisola e per i romani in generale: lo spirito nazionale e patriottico era più forte che mai e nel giro di trent’anni se ne avrà la dimostrazione.