Il processo alle streghe di Salem è una di quelle storie che sembrano frutto della fantasia, come uscite direttamente da un romanzo di Steven King. La vicenda invece è del tutto reale, benché risulti assai grottesca. Non siamo nell’Europa della Controriforma, ma in una colonia inglese negli Stati Uniti, precisamente nel villaggio di Salem, nel Massachusetts, e la vicenda è ambientata tra la fine del 1691 e il 1692.
Tutto inizia con Elizabeth Parris e Abigail Williams, rispettivamente figlia e nipote del pastore locale, Samuel Parris, che iniziano a comportarsi in modo “strano”: poca eloquenza, si nascondono dietro oggetti o negli angoli delle stanze e rotolano sul pavimento. Il pastore, preoccupato, si rivolge a vari medici, sia del proprio villaggio che di quelli circostanti, per far visitare le bambine, ma nessuno riesce a dare una spiegazione del loro comportamento. Dopo varie visite, un medico, Williams Giggs, dichiarò che le due non fossero malate, ma in preda a possessioni demoniache dovute da una qualche forma di stregoneria.
La questione è molto delicata e per capire fino in fondo le ragioni di queste dichiarazioni non si può non considerare il contesto storico e sociale. I primi insediamenti inglesi sul continente a quell’epoca erano molto “giovani” (avevano da poco superato il mezzo secolo), e i coloni e gli abitanti di queste nuove comunità si erano ritrovati a dover affrontare oggettive difficoltà in un territorio nuovo e ostile. Non era inusuale che per il freddo, la scarsa preparazione e i cattivi raccolti, ma soprattutto la vicinanza con gli Indiani, che molti villaggi furono abbandonati a causa di carestie e morte. A ciò va aggiunto il fatto che non sempre le colonie avevano rapporti idilliaci con la madrepatria. L’esasperazione per le difficili condizioni di vita trovava spesso come capro espiatorio la stregoneria e le possessioni demoniache.
Fu proprio in questo contesto che tra il 1647 e il 1688 il territorio del New England fu attraversato da una durissima caccia alle streghe, risolta con torture varie per ottenere confessioni forzate e addirittura con una ventina di condanne a morte.
Tornando agli avvenimenti del 1692 a Salem, vani si rivelarono i tentativi di lasciare che il tempo facesse il suo corso per la cura delle ragazzine, suggerita da alcuni colleghi pastori della zona. Fu proprio ad alcune settimane dall’inizio dei primi sintomi che vennero registrati altri casi di comportamenti insoliti da parte di altre ragazze, Betty Hubbard, Mercy Lewis, Ann Putnam, Mercy Short, Mary Warren e Susannah Sheldon. Molto probabilmente si trattava di un caso di isteria di massa, come spesso accade.
Le ragazzine furono intimate a rivelare chi potesse aver fatto loro questi sortilegi e malocchi. Vennero confessati nomi di donne tra cui la schiava di origine caraibica del pastore, una donna anziana quasi inferma e una mendicante di origini francesi (che a quanto sembra parlava spesso da sola).
Venne istituito un tribunale e i processi ebbero inizio. I sospettati dovettero subire varie torture e vennero messi alla prova nelle recitazioni delle preghiere cristiane. Alla fine dei processi vennero arrestate circa duecento persone, di cui 144 vennero processate, 54 confessarono sotto tortura di essere streghe e 19 vennero condannate all’impiccagione presso la collina che oggi è nota come Witches’ Hill.
La caccia alle streghe ebbe fine solo quando i pastori più influenti della zona si lamentarono contro la moltitudine di processi che stavano avvenendo.
La vicenda è rimasta celeberrima ed è stata ripresa più volte per racconti dell’orrore sia in forma letteraria che cinematografica.