Vittorio Frosini, morto il 22 settembre di vent’anni fa, è considerato il padre dell’informatica giuridica.
Di origine siciliana, si era laureato alla Normale di Pisa in filosofia e solo poi in giurisprudenza, a Catania, sotto la guida di Orazio Condorelli con una tesi dal titolo “La filosofia del diritto di G.B. Vico”.
Cominciò subito a collaborare con Condorelli e, pur non smettendo di coltivare gli studi umanistici, avvertì l’esigenza di ampliare l’orizzonte dei propri studi giuridici con un lungo soggiorno a Oxford, nel settembre del 1950. A Oxford avrebbe peraltro conosciuto John Mabbott, che lo avrebbe guidato nella sua tesi di dottorato sul concetto di obbligazione politica.
Gli studi e i pensieri in quel periodo maturati confluirono poi in “La ragione dello Stato”, del 1963. Dell’anno precedente invece la pubblicazione di “La struttura del diritto”, che gli valse, tra le altre cose, il Premio per le scienze giuridiche dell’Accademia Nazionale dei Lincei permettendogli di ottenere la cattedra di Filosofia del diritto nel 1964.
Con sorprendente prontezza egli intuì però la portata epocale dei primi passi che in quegli anni si stavano compiendo nel campo dell’automazione. Diritto, tecnologia, attività giudiziaria. Fu lui il primo a coglierne e studiarne l’interazione.
In “Cibernetica diritto e società” del 1968 Frosini espose le proprie teorie, allora rivoluzionarie, inaugurando gli studi in materia, che lo avrebbero accompagnato fino alla morte.
Nominato componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura dal Parlamento e consulente dell’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico proprio per la regolamentazione dell’informatica, Frosini ha presieduto inoltre l’Associazione Italiana di Diritto dell’Informatica e di Giuritecnica e l’Istituto di Teoria dell’interpretazione e di informatica giuridica a Roma, all’Università “La Sapienza”.
Frosini propugnava insomma l’ideale di un “umanesimo tecnologico”, sensibile ai diritti civili, ma consapevole delle implicazioni tecnologiche, economiche e sociali del tempo.
Diritto e tecnologia nelle mente di Frosini dialogavano in un flusso constante e ininterrotto, capace di dar vita a un ideale progresso sociale, a un’evoluzione continua, a un miglioramento progressivo in tutti i campi.
L’idea di fondo era peraltro quella di favorire un continuo confronto fra amministratori e amministrati in un rapporto diretto orizzontale, che avrebbe potuto dare vita ad una nuova forma di democrazia di massa in cui “si realizza con apparente paradosso una nuova forma di libertà individuale, un accrescimento della socialità umana che si è allargata sull’ampio orizzonte del nuovo circuito delle informazioni, un potenziamento, dunque, dell’energia intellettuale ed operativa del singolo vivente nella comunità”.