Giurista, accademico, politico, Giuseppe Pisanelli nacque oggi, nel 1812, a Tricase, in Puglia.
Studiò e si laureò in Giurisprudenza a Napoli nel 1832, dopo aver ricevuto i primi insegnamenti di base in materia a Trani, nello studio del giureconsulto Tommaso Spano.
Nel 1838 aveva anche aperto una scuola privata di giurisprudenza, nella quale, fino al 1847, impartì lezioni di diritto e procedura penale.
Fin dalla giovinezza tuttavia si dedicò sempre ferventemente alla politica, soprattutto nel periodo dei moti rivoluzionari del 1848, al termine dei quali venne anche eletto al Parlamento napoletano.
In tal carica Pisanelli fu promotore di una serie di riforme legislative liberali, come i disegni di legge sull’abolizione della pena di morte e sull’istituzione di un giurì per i reati a mezzo stampa.
Accusato però di cospirazione e attentato contro lo Stato, fu costretto a riparare in esilio a Torino, per poi fuggire più a nord, a Parigi, dove conobbe Gioberti, e a Londra.
Tornato in territorio italiano e mosso dal forte desiderio di unificazione legislativa, si dedicò di nuovo in prima linea alla politica divenendo ministro di grazia e giustizia nel Regno delle Due Sicilie prima, durante il governo Garibaldi, e deputato del Regno d’Italia poi, nel 1861.
Quelli furono anni anche scientificamente molto proficui.
Pisanelli collaborò infatti con Pasquale Stanislao Mancini e Antonio Scialoja ad un commentario del Codice di procedura civile per gli Stati sardi e pubblicò “Dell’istituzione dei giurati” e “Della Corte di Cassazione”.
In quegli anni, chiamato anche a tenere il corso di diritto costituzionale a Napoli, Pisanelli, moderato di indole e liberale di spirito, si dedicò peraltro agli studi e alla redazione del Codice di procedura penale del 1865 e fu autore, nel 1862, di “Pena di morte“.
Da guardiasigilli, fu autore del Codice di Procedura Civile del 1865 e del Codice Civile unitario del medesimo anno, che trae il suo nome.
Pisanelli incarnò totalmente l’ideale di giurista risorgimentale, rappresentando una delle figure di maggior rilievo non solo della scuola giuridica napoletana, ma della classe giuridica italiana di metà Ottocento.