Alle ore 5:30 del 16 ottobre 1943, in Via del Portico di Ottavia, a pochi metri dalla Sinagoga, si radunarono i camion e i soldati addetti delle SS per cominciare le spietate operazioni di quello che è passato alla storia come il Sabato nero.
1259 persone fra uomini, donne, anziani e bambini (persino neonati) furono prelavate dalle loro abitazioni e raccolte provvisoriamente in strada, vicino i resti del Teatro di Marcello.
Nessuno di loro si aspettava una retata del genere: nonostante le leggi razziali, il fatto che l’Italia non avesse mai vissuto un’ondata di pogrom come era accaduto in altri Paesi d’Europa, che il sentimento antisemita non si era mai acceso con particolare convinzione negli animi degli italiani, la presenza stessa del Papa e la sua apparente garanzia di umanità avevano illuso centinaia e centinaia di ebrei.
Ma ciò che forse aveva contribuito di più a una tale illusione di incolumità era stata l’accettazione appena un mese prima del ricatto da parte del comandante della Gestapo a Roma Herbert Kappler. Il 26 settembre Kappler aveva intimato alla comunità ebraica di consegnare entro trentasei ore 50 chili d’oro, pena la deportazione di 200 persone. I capi della comunità ebraica romana in soli due giorni raccolsero l’oro richiesto dai tedeschi, che fu consegnato e spedito a Berlino.
L’oro non bastò – evidentemente – a patteggiare alcun “trattamento speciale”. All’alba di quel sabato, il giorno di Succot, la festa delle Capanne, scelto appositamente per sorprendere in casa quante più famiglie possibile, le truppe naziste effettuarono con precisione il rastrellamento, facilitati da elenchi con nomi e indirizzi frutto del censimento degli ebrei che Mussolini aveva ordinato alcuni anni prima.
Il ghetto fu solo l’epicentro di una spietata caccia che contemporaneamente le SS svolsero negli altri quartieri di Roma: Trastevere, Testaccio, Monteverde…
Entro le 14:00 l’operazione era completata. I prigionieri furono ammassati in camion e portati provvisoriamente al Collegio Militare, per poi essere caricati il 18 settembre in carri bestiame alla volta di Auschwitz.
Dei 1259 catturati quel giorno, 1066 furono condotti nelle camere a gas appena arrivati ad Auschwitz perché ritenuti inabili al lavoro. Solo 16 sopravvissero allo sterminio e tornarono in patria. Fra loro, neanche uno degli oltre 200 bambini.