Alla vigilia di Ferragosto di pochi anni fa, è stato emanato il decreto legge n. 93.
Era il 2013 e per la prima volta si introducevano “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”.
In quello stesso anno l’Italia aveva ratificato la cosiddetta Convenzione di Istanbul, che riconosceva la violenza contro le donne come violazione dei diritti umani, oltre che come forma di discriminazione.
Quello dell’estate 2013 è in realtà un decreto molto eterogeneo che contiene anche norme in materia di reati contro il patrimonio, disposizioni in materia civile per il potenziamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, norme per la gestione dei commissariamenti e così via.
A proposito delle disposizioni in materia di femminicidio, il Presidente della Repubblica ha però ritenuto che “il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti”.
Il decreto del 14 agosto 2013, poi convertito in legge nell’ottobre dello stesso anno, non è tuttavia intervenuto direttamente sul reato di omicidio né sulle sue aggravanti. Ha ritenuto sufficiente apportare alcune modifiche a delitti come maltrattamenti in famiglia, minacce, atti persecutori, violenza sessuale. Delitti “spia”, si dice.
Le modifiche riguardano, per citarne solo alcune, l’introduzione dell’aggravante della violenza sessuale in danno di minore, donna in stato di gravidanza o persona con la quale si intratteneva una relazione coniugale o affettiva, aumento di pena per il delitto di “minacce”, ampliamento della sfera d’applicazione delle aggravanti dello stalking, gratuito patrocinio al di là del reddito, ammesse le intercettazioni telefoniche e il braccialetto elettronico, l’obbligo di arresto in flagranza e l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare per chi è colto in flagranza di certi delitti.
In attuazione del decreto legge n. 93 il Governo con cadenza biennale adotta piani di contrasto alla violenza contro le donne, sulla scia della Convenzione di Instanbul che voleva “predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica”.
Quella nei confronti dei reati contro le donne è una battaglia iniziata tardi e tutt’ora in corso.
L’anno scorso, ad esempio, è stata approvata la legge 69/2019, “codice rosso”, che, intervenendo sul Codice Penale, ha introdotto nuovi reati come la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, la costrizione o induzione al matrimonio, e inasprito le pene per altri già esistenti come i reati di violenza sessuale, atti persecutori e maltrattamenti in famiglia.
