Stipulati nella provincia di Pesaro e Urbino, i patti coincisero con la fine di una guerra che da tre anni opponeva la Repubblica di San Marino ai Malatesta.
San Marino da tempo desiderava autonomia e non era disposta a riconoscere la sovranità di nessuno, seppur per lungo tempo aveva dovuto soffrire le volontà espansionistiche dei vesovi di Rimini, di Montefeltro e dei Malatesta, per citarne solo alcuni.
La guerra sammarinese però era stata segnata da continue avanzate e retromarce: da parte dei Malatesta, che minacciavano il Monte Titano e i sammarinesi, e da parte dei sammarinesi che dal canto loro arrivarono pian piano ad occupare molti dei territori dei signori di Rimini, fino a Falciano.
In quella guerra però San Marino aveva degli alleati forti: lo Stato Pontificio e Federico III da Montefeltro, signore di Urbino, ai quali aveva giurato alleanza e fedeltà in cambio di una promessa: l’indipendenza.
Il trattato del 1463 altro non fu quindi che un trattato di alleanza con cui il Papa, rispettando l’impegno di do ut des che si era assunto, al termine della guerra ridisegnò i confini della Repubblica di San Marino, assegnandole gli odierni castelli di Domagnano, Faetano, Fiorentino, Montegiardino e Serravalle.
I confini da allora non sono mai mutati.
Coi Patti San Marino ottenne inoltre l’indipendenza dal Papa e altri privilegi, tra cui l’esenzione dalle tasse.
Il 1463 per quel piccolo Stato formalmente parte della penisola italiana rappresentò quindi un momento di fondamentale importanza, sia per ripristinare gli instabili equilibri politici con la signoria dei Malatesta, sia per sancire in maniera forte e definitiva la propria indipendenza all’interno del territorio italiano.