11 maggio 1948: Luigi Einaudi eletto Presidente della Repubblica
Luigi Einaudi ottenne l’elezione a Capo dello Stato l’11 maggio 1948 al quarto scrutinio con il favore di 518 voti su 872.
Liberale, già firmatario del Manifesto degli Intellettuali Antifascisti (di cui abbiamo parlato qua), venne portato al Colle grazie alla perseveranza dell’allora Presidente del Consiglio, De Gasperi, il quale all’indomani della vittoria alle politiche del mese precedente si ritrovò colpito da vari franchi tiratori all’interno della Dc per il suo appoggio alla candidatura di Carlo Sforza, contrapposto ad un nuovo mandato di Enrico De Nicola retto dal blocco social-comunista.
La candidatura dell’allora Governatore della Banca d’Italia ed ex Ministro del Bilancio riuscì a tirar fuori dalla palude il leader Dc e al quarto scrutinio ottenne il quorum. Einaudi salì al Colle, accompagnato da un giovanissimo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed alfiere di De Gasperi, Giulio Andreotti, ed entrò al Quirinale, sancendo la definitiva laicizzazione e repubblicanizzazione del Palazzo presidenziale: divenne il primo Capo di Stato eletto a Costituzione vigente, non membro di Casa Reale e/o papale a risiedervi.
Il video della Settimana Incom sull’elezione di Luigi Einaudi
Viva l’Italia! Eletto il Presidente della Repubblica
Il suo settennato presidenziale è passato alla storia come archetipo della conduzione “costituzionale” del mandato di Capo dello Stato in ossequio ai canoni dell’austerità e della leale collaborazione tra le forze politiche.
Per austerità non si fa riferimento, solamente, al suo stile di vita e all’integrità morale che l’ha contraddistinta, ma bensì al rigore economico-finanziario, con il quale egli visse i suoi mandati da Ministro del Bilancio del IV Governo De Gasperi (1947-1948) e come Governatore della Banca d’Italia, carica mantenuta sino all’elezione quirinalizia e l’attività accademica da illustre docente di Scienze delle Finanze ed Economia Politica. Egli, infatti, godette sin da subito del credito politico del Parlamento in seduta comune proprio per la sua istituzionale e il suo contributo alla Ricostruzione economica del Paese nel secondo Dopoguerra: a Einaudi si attribuisce ancora oggi il merito di aver gettato le basi per il futuro miracolo economico italiano attraverso una rigorosa politica di bilancio volta al risparmio pubblico e alla lotta all’evasione fiscale in modo da creare solide economie di bilancio.
Da Presidente il suo memoriale (lo Scrittoio del Presidente) rappresenta tutt’oggi una prima, vera forma di “istruzioni per l’uso” per la carica di Presidente della Repubblica. La neonata Costituzione trovò nella prassi di Einaudi fondamentali canoni interpretativi: le prime “esternazioni” presidenziali (da Einaudi definite “prediche”), le prime forme di quella che oggi si chiama “moral suasion” nell’attivazione costante della leale collaborazione tra le forze politiche e i primi rinvii di una legge alle Camere sanzionando espressamente leggi di spesa non dotate di previa copertura finanziaria. La nomina del primo “Governo del Presidente”, guidato da Giuseppe Pella nel 1953, proprio risolvere la prima impasse istituzionale del parlamentarismo italiano: la rottura del patto di unità centrista a seguito delle elezioni politiche del 1953 (le elezioni della famosa “legge truffa”), che hanno portato al ritiro di De Gasperi dalla scena politica. Tutte prassi di un Presidente non notaio ma non interventista che segneranno indelebilmente le successive Presidenze e le rispettive conduzioni in snodi cruciali della storia repubblicana.
Ma ci fu un episodio, in particolare, che meglio illustrò la personalità di Einaudi, raccontato dalla penna di Ennio Flaiano, il quale vi assistette personalmente, sul Corriere della Sera il 18 agosto 1970. Durante un pranzo non ufficiale al Quirinale arrivò “[…] il momento della frutta, il maggiordomo recò un enorme vassoio del tipo che i manieristi olandesi e poi napoletani dipingevano due secoli fa: c’era di tutto, eccetto il melone spaccato. E tra quei frutti delle pere molto grandi. Luigi Einaudi guardò un po’ sorpreso tanta botanica, poi sospirò: “Io” disse “prenderei una pera, ma sono troppo grandi, c’è nessuno che vuole dividerne una con me?“. Lo stesso Flaiano si propose e il Presidente la condivise con lui. Le parole di Flaiano risuonano tutt’ora amare, proprio per la descrizione del post Einaudi, definito come la “Repubblica delle Pere Indivise”, dove alla semplicità e alla condivisione solidale si contrapporrà un futuro diverso con un conto ancora da saldare!