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1 Maggio 1925 – Manifesto degli intellettuali antifascisti

“La presente lotta politica in Italia varrà, per ragione di contrasto, a ravvivare e a fare intendere in modo più profondo e più concreto al nostro popolo il pregio degli ordinamenti e dei metodi liberali, e a farli amare con più consapevole affetto. E forse un giorno, guardando serenamente al passato, si giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa a noi, era uno stadio che l’Italia doveva percorrere per rinvigorire la sua vita nazionale, per compiere la sua educazione politica, per sentire in modo più severo i suoi doveri di popolo civile.”

Con questa nota di speranza hegeliana si chiude il Manifesto degli intellettuali antifascisti, pubblicato l’1 maggio 1925, in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile. Solo un anno dopo, le leggi speciali del 1926 avrebbero trasformato il governo fascista in un regime totalitario. Poco si sapeva, allora, delle sofferenze che la “aspra e dolorosa” prova del fascismo avrebbe inflitto al Paese, prima che si potesse instaurare un rinnovato amore per le istituzioni liberali.

L’Antimanifesto fu redatto da Benedetto Croce, su proposta di Giovanni Amendola, e conta le firme di svariati personaggi di spicco del mondo della letteratura, della filosofia e dell’arte, che vi aderirono con coraggio, nonostante il recentissimo delitto Matteotti li avesse redarguiti sui rischi di opporsi alla maggioranza fascista. Croce vi condanna il tentativo del manifesto di Gentile di giustificare le violenze e la censura operata dai fascisti, e, richiamandosi all’esperienza del Risorgimento, ribadisce la superiorità della tradizione liberale che, egli riteneva, non avrebbe tardato a smascherare il fascismo quale un temporaneo “invasamento di cervello” con i giorni contati.

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