Camillo Finocchiaro Aprile nacque a Palermo il 28 gennaio 1851 da Andrea e Carolina Aprile. Educato dal padre, un impiegato comunale attivo nelle file della carboneria, alle idee repubblicane, prese parte, a soli sedici anni, alla campagna garibaldina del 1867. In quella occasione si distinse combattendo a Monterotondo come sottotenente. Rientrato a Palermo, fu subito attivo negli ambienti rivoluzionari, unendosi ad un gruppo di mazziniani, con cui partecipò, fra l’altro, alla fondazione della Società di istruzione popolare e di diverse società operaie. Ben presto divenne uno dei giovani di maggior spicco nei fermenti politici di quegli anni nell’isola, assumendo anche una posizione di rilievo in seno alla loggia massonica “Giorgio Washington”.
Nell’agosto 1870 venne arrestato – ma ben presto rilasciato – in occasione del fallito tentativo repubblicano in Sicilia, risoltosi con l’arresto di Mazzini nella rada di Palermo. Dopo questo episodio, e più ancora dopo la morte di Mazzini, ebbe inizio una fase di ripensamento che preludeva alla principale svolta politica della sua vita. Come molti repubblicani, si avvicinò a poco a poco all’area della Sinistra costituzionale ed in particolare alle posizioni di Francesco Crispi, che aveva già compiuto il medesimo passo.
Ancora studente della facoltà di giurisprudenza, nel 1872 venne eletto consigliere comunale di Palermo. Come assessore alla Pubblica Istruzione, mostrò subito notevoli qualità politiche e amministrative, iniziando un’opera di approfondimento dei problemi della scuola e dell’istruzione che sarebbe rimasta uno dei grandi interessi della sua vita politica. Conseguita la laurea a Palermo nel 1873, si dedicò con successo alla professione di avvocato, conquistandosi ben presto la fama di abile ed esperto civilista. Restò attivo per qualche tempo fra i mazziniani, ma già nel 1873 il questore di Palermo sottolineava l’evoluzione in senso moderato delle sue posizioni. Nel 1875 venne prescelto, insieme con altri importanti esponenti politici cittadini, per inviare al Parlamento la protesta della città di Palermo contro il progetto per l’introduzione di leggi speciali di polizia in Sicilia.
La battaglia per una maggiore autonomia dell’isola e contro il centralismo della Destra fu in questo periodo il terreno principale della sua azione politica. Questi motivi dominano nel programma della Società democratica progressista, di cui fu tra i fondatori a Palermo nel 1876.
Con la rivoluzione parlamentare del 1876, caratterizzata anche dalla vittoria schiacciante della Sinistra nel Meridione, si diffuse l’opinione che lo Stato dovesse in qualche modo rimediare ai danni che aveva causato alla società siciliana negli anni del governo della Destra. Di questa politica, detta “riparazionista“, Finocchiaro Aprile fu uno dei sostenitori più autorevoli in Sicilia, lavorando per darle un respiro che trascendesse le rivendicazioni localistiche.
Giunse in Parlamento nel 1882, eletto nel II collegio di Palermo, venendo costantemente rieletto fino alla morte.
Durante i primi anni di attività alla Camera si occupò in modo particolare di problemi riguardanti l’istruzione e la costruzione di ferrovie in Sicilia. Nel 1887, scoppiata un’epidemia di colera a Catania, fu inviato da Crispi come commissario regio, poiché l’amministrazione comunale non era più in grado di fronteggiare la situazione. Diede prova in questa occasione di grandi capacità organizzative, riuscendo ad impedire che il panico prendesse il sopravvento fra la popolazione e a predisporre le misure più efficaci per contrastare la diffusione dell’epidemia.
Il primo incarico politico di rilievo nazionale fu la nomina a commissario regio al Comune di Roma (1890), che seguiva ad una fase di polemiche e di brusche contrapposizioni fra il governo e gli ambienti politici cittadini, specie quelli di ispirazione democratica.
Nel maggio 1892 fu nominato ministro delle Poste e Telegrafi nel primo governo Giolitti che rimase in carica fino al novembre 1893.
Nell’agosto 1894 sembrava che il Crispi lo scegliesse come commissario regio al Comune di Milano, ma poi gli preferì il conservatore A. Bonasi. Il Finocchiaro si impegnò in quel periodo nell’associazionismo massonico, soprattutto dopo l’elezione a Gran Maestro di Ernesto Nathan. Egli entrò a far parte del Supremo Consiglio dei 33 e della commissione speciale per gli studi sociali.
A fine secolo fece un’altra breve esperienza governativa come ministro di Grazia e Giustizia nel gabinetto Pelloux (29 giugno 1898-14 maggio 1899). Ormai considerato uomo di fiducia di Zanardelli, appoggiò nel 1902 il disegno di legge per l’introduzione del divorzio nell’ordinamento giuridico italiano. Ritornò a reggere il ministero di Grazia e Giustizia nei due consecutivi governi del “fratello” A. Fortis (28 marzo-24 dic. 1905 e 24 dic. 1905-8 febbr. 1906) e, più tardi, nel quarto ministero Giolitti (30 marzo 1911 – 30 marzo 1914).
All’opera teorica e politica di Finocchiaro si deve il secondo codice di procedura penale dello Stato italiano, promulgato, lui ministro, nel 1913.
Il codice del 1913 fu considerato come la maggiore realizzazione, quasi il coronamento, della sua lunga attività di uomo politico. L’impegno di Finocchiaro su questo progetto risale al 1898, quando, per la prima volta ministro guardasigilli nel governo Pelloux, nominò una commissione incaricata di studiare le modifiche necessarie al codice vigente. Suo merito fu anzitutto di aver compreso la necessità di abbandonare la strada delle revisioni parziali del codice, che ancora si tentavano con risultati più o meno infruttuosi, e di aver messo mano ad una riforma completa e definitiva del codice di procedura penale del 1865, marcatamente ispirato ad una logica inquisitoria. Il primo progetto presentato da Finocchiaro nel 1905 era profondamente innovatore, non solo rispetto alle strutture processuali italiane. Uno spazio assai maggiore veniva riconosciuto alle procedure orali ed era sostanzialmente cambiata l’impostazione stessa del procedimento, che prevedeva, nel progetto del nuovo codice, una istruttoria “aperta”, il cui svolgimento sarebbe stato in buona misura, accessibile alla difesa. Di particolare importanza la drastica riduzione delle prerogative della attività di polizia giudiziaria, che nel codice del 1865 erano gravemente confuse con quelle degli organi giurisdizionali. A causa della fine della legislatura questo disegno di legge decadde e nessuno dei ministri successivi lo presentò di nuovo in Parlamento. Vi furono anzi ulteriori tentativi di intervenire parzialmente sul codice di procedura penale, che non ebbero miglior fortuna dei precedenti. Fu dunque lo stesso Finocchiaro a condurre a termine l’opera a cui aveva lavorato per oltre un decennio. Il progetto venne approvato nel 1912 dal Parlamento, che autorizzò il governo a operare le modificazioni ritenute necessarie. L’opera di revisione (affidata a un comitato di giuristi) fu in verità piuttosto profonda e si indirizzò soprattutto verso gli elementi di maggiore modernità del progetto. Cosicché il testo definitivo del nuovo codice di procedura penale apparve alquanto diverso da quello presentato da Finocchiaro Aprile. Nondimeno il risultato finale fu nel complesso assai apprezzato.
Finocchiaro Aprile morì a Roma il 26 gennaio 1916.