62. In Chiesa scamiciato come un matto (1902)
La sentenza di cui vi parlo oggi è senza tema di smentita una delle mie preferite.
Merita con assoluta urgenza di essere disseppellita da dove l’ho recuperata, e riportata in auge. Credo anzi che non dovrebbe questa storia essere limitata a questo umile sito, ma dovrebbero parlarne i telegiornali di tutto il mondo.
Sarò breve e conciso per arrivare dritto al dunque. Anzi, al fine di rendere più schematicamente fruibile la faccenda, ho deciso di organizzare l’esposizione sulla base della regole delle cinque W.
Who?
Tre baldanzosi amici: Francesco Margara, Paolo Garzone e Giovanni Boschetti. Imputati in un processo assai curioso.
When?
Venerdì 1 novembre 1901, giorno di Ognissanti. Una delle feste più importanti e solenni per il mondo cattolico (e non solo dai). Ma non per tutti..
Where?
Santhià, ridente comune di 5000 anime (all’epoca almeno, ora sono un po’ di più), sparpagliate su un vastissimo lembo della pianura padana alle porte di Vercelli. Santhià è nota, tra le altre cose, per una antichissima tradizione carnascialesca. Tradizione che certo avrà influito sul contegno dei nostri tre protagonisti.
Ma Santhià è anche uno degli snodi fondamentali della Via Francigena. Vi si fermò, seguendo la strada verso Roma, l’arcivescovo di Canterrbury più di 1000 anni fa. Esisteva una piccola chiesa dedicata a Santa Agata, o meglio Sancta Agatha, da cui appunto Santhià.
Non è un caso che il Duomo sia ancora dedicato alla santa catanese, e vi raccontò questo perché la nostra storia si svolge proprio all’interno del Duomo, meglio noto come: la Chiesa collegiata di Sant’Agata.
What?
Eh… qui viene il bello. Provo a spiegarlo in parole semplici: la sera del 31 ottobre (che non era ancora Halloween, ma il clima evidentemente non doveva essere dissimile) i nostri tre baldi giovini avevano fatto una scommessa.
Di storie di scommesse ne so qualcosa (ci ho scritto un libro di Massime dal Passato…) e vi posso assicurare che questa non era niente male: Paolo Garzone e Giovanni Boschetti avevano sfidato il loro amico Francesco Margara a (riporto testualmente dalla sentenza): “traversare la chiesa parrocchiale in maniche di camicia nel momento solenne della elevazione del Santissimo Sacramento, che doveva aver luogo durante la celebrazione della messa grande, quando la chiesa doveva esser piena di fedeli per assistere alla messa“.
Avete capito i maramaldi?
Il fatto che potesse essere oggetto di sfida presentarsi in chiesa solo con una camicia rende perfettamente l’idea di come era pensato il dress code religious dell’epoca.
Avevano anche scommesso tre lire sul poco coraggio del Margara, certi che si sarebbe tirato indietro all’ultimo istante, davanti all’ “assurdo” cimento.
Invece Francesco Margara di coraggio ne aveva eccome!
Il giorno dopo, 1 novembre si diceva, proprio nel momento solennissimo della elevazione del Santissimo Sacramento, senza giacca (e “senza gilet“, precisa la sentenza…) fece il giro della chiesa con “passo frettoloso” passando persino davanti all’altare e “producendo distrazione” nei fedeli.
Why?
E siamo giunti alla fatidica domanda: “perché?”.
Ecco, io a essere onesto un perché non ce l’ho. Mi sento solo di solidarizzare con i tre amici e in particolare con Francesco Margara. L’insano gesto dovette sembrare davvero sconveniente, dato che i tre impavidi amici furono processati tutti per turbamento doloso di funzioni sacre. Furono condannati addirittura a una multa e a qualche settimana di detenzione (un mese per il vero protagonista della incursione). Francesco Margara è definito persino “matto” dalla Cassazione.
Davvero, non c’è più religione…
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