Il 19 ottobre 1909 muore a Torino il professor Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare.
Era stato l’autore di opere quali “L’uomo delinquente” (1876), o “La donna delinquente, la prostituta e la donna normale“ (1893), nelle quali aveva elaborato la tesi secondo la quale le fattezze fisiche delle persone incidessero sulla loro naturale predisposizione a delinquere.
Negli anni dell’Università, mi divertivo con gli amici a sfogliare una vecchia edizione de “L’uomo delinquente”, e soprattutto a scorrere le carrellate di fotografie di persone corredate da assurde didascalie. Ricordo perfettamente la foto de “L’Idiota“, un ragazzo di non bell’aspetto che il Lombroso aveva frettolosamente etichettato in tal modo, oppure la morbosissima digressione sui tatuaggi delle prostitute, compresi alcuni effettivamente esilaranti.
Ma d’altronde il prof. Lombroso era fatto così: uno di quelli che senza giri di parole definiva lo scrittore russo Lev Tolstoj “di aspetto cretinoso” (altro che petaloso..), o che riteneva – scientificamente – che il male dell’Italia fosse il Meridione.
Eppure quelle teorie che mi sembravano, e mi sembrano, così inconcepibili, all’epoca ebbero anche – purtroppo – il loro successo.
Ed è proprio a tale successo che si riferisce l’avvocato Majno che aveva scritto l’elogio funebre oggetto della “Massima dal Passato” di questa settimana e riportato qui di seguito. Majno decanta l’opera di Lombroso e lo paragona addirittura a Galilei e Beccaria, e addirittura riconosce in Lombroso “un tipo ideale di gentilezza e di bontà“.
Fortunatamente, nonostante l’auspicio dell’avv. Majno e fatta salva l’oscura parentesi del ventennio durante il quale il pensiero di Lombroso furono alla base del manifesto sulla difesa della razza, le teorie dell’illustre criminologo furono presto accantonate.
Un dubbio mi resta, guardando la sua foto mi accorgo che aveva effettivamente proprio le fattezze e la fisionomia del maniaco disturbato. E penso che in fondo, forse anche lui aveva ragione.
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