«I napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però ho la coscienza di aver fatto sempre il mio dovere, ma però ad essi rimarranno solo gli occhi per piangere».
Una delle più note biografie dell’ultimo Re di Napoli è stata scritta da Pier Giusto Jaeger, lume del diritto commerciale ed appassionato di storia.
Francesco II e la Regina Maria Sofia di Baviera lasciarono Napoli il 6 Settembre. Lo fecero da soli: i ministri non vollero seguire il loro Re. Francesco II al ministro degli interni e direttore della polizia Liborio Romano disse: “Don Libò, guardat’u cuollo!“, alla quale espressione il ministro impassibile rispose che avrebbe fatto di tutto per farlo rimanere sul busto il più a lungo possibile. SPOILER: ci riuscì diventando ministro degli interni di Garibaldi e poi deputato del Regno d’Italia, indignandosi in questa nuova fase per il trattamento dato all’ex Regno delle Due Sicilie.
Francesco II diede espressamente l’ordine alle guarnigioni rimaste nei forti di rimanere neutrali e di non spargere sangue, per risparmiare alla capitale gli orrori della guerra, infatti il giorno successivo Garibaldi arrivò a Napoli in treno da Torre Annunziata nella città senza colpo ferire.
Lasciando Napoli emanò un proclama che “produsse larghissima impressione in vasti strati della popolazione meridionale” e con sé portò ben poco, convinto di tornare presto nella capitale:
“dalle banche non ritirò i suoi depositi, dalla Reggia, più che opere d’arte e di valore venale, portò con sé oggetti di devozione e ricordi famigliari“.
Il Re al porto si imbarcò su una piccola nave, il Messaggero, per trincerarsi fra le fortezze di Gaeta e Capua, piano probabilmente programmato in accordo con gli austriaci. Ordinò di essere seguito dall’intera flotta borbonica, ma solo tre navi, i due piccoli vascelli “Delfino”, “Saetta” e la fregata Partenope, seguirono il Re.
Abbandonato dalla sua flotta, Francesco II fece ripiegare il suo esercito sulla linea del Volturno. Qua avvenne la grande battaglia omonima, dove circa 50mila soldati borbonici vennero sconfitti da quasi 24mila truppe alleate di Garibaldi. In morti per fortuna furono pochi, 614 in totale.
Dopo aver tentato inutilmente una controffensiva contro le truppe garibaldine, il Re si ritirò con la Regina nella fortezza di Gaeta, dove l’esercito borbonico venne stretto d’assedio dai garibaldini, sostituiti il 4 novembre 1860 dall’esercito sabaudo comandato dal generale Enrico Cialdini.
Il 5 novembre Cialdini stabilì il suo avamposto presso la Cappella di Conca, aiutato da alcuni ufficiali dell’esercito borbonico unitisi ai sardo-piemontesi, tra cui il maggiore del Genio Giacomo Guarinelli, buon conoscitore della piazzaforte di Gaeta, in modo tale da poter ben guidare il fuoco dell’artiglieria piemontese e centrare senza troppe difficoltà gli obiettivi militari. Le ostilità via terra contro i borbonici rifugiati in Gaeta ebbero inizio l’11 novembre 1860, anche se l’assedio vero e proprio incominciò il 13 novembre.
L’assedio fu condotto in modo molto aspro. A Gaeta Francesco II dimostrò grande valore; almeno, così ne parlano alcune fonti estere: “L’ammirazione, e son per dire l’entusiasmo, che desta in Francia il nobile contegno del Re di Napoli, vanno crescendo ogni giorno in proporzione dell’eroica resistenza del giovane monarca, assediato dalla rivoluzione sullo scoglio di Gaeta. Così un bellissimo indirizzo degli abitanti di Avignone, con parecchie migliaia di firme, venne spedito al Re, in cui gli Avignonesi manifestavano la speranza loro ferma che il suo trionfo sarà misurato dalla grandezza del suo pericolo“. La Francia di Napoleone III aveva stretto un patto segreto che dava mano libera a Cavour, a patto che il Lazio rimanesse nelle mani del Pontefice quale baluardo del suo potere temporale.
Gaeta capitolò il 13 febbraio 1861. Francesco II, con la moglie, si recò in esilio a Roma, via mare su di un piroscafo francese. La cittadella di Messina cadde il 12 marzo. Il 17 marzo 1861 venne dichiarata l’Italia Unita, prima della presa dell’ultimo bastione rimasto all’esercito borbonico, la fortezza di Civitella del Tronto, caduta il 20 marzo.