Dal concilio emersero le linee fondamentali del cristianesimo cattolico, che opereranno per quasi quattro secoli, linee che risultano profondamente diverse dal contenuto dottrinale delle varie confessioni protestanti. L’attuazione del programma di riforma fu deciso proprio dal concilio che dal 1545 si era riunito (anche se in maniera discontinua e con delle pause) a Trento, contro le opposizioni del potere politico europeo e del protestantesimo, ormai molto diffuso sul continente.
Vent’anni prima furono l’esigenza di rinnovamento in seno al mondo ecclesiastico unito ad un cambiamento nel rapporto con le Sacre Scritture, e la pressione Carlo V, che per il suo disegno imperiale necessitava la pacificazione del territorio tedesco, sconquassato dalla divisione religiosa causata dalla Riforma protestante. In realtà l’imperatore premeva sul papa già dagli anni Trenta per la convocazione di un concilio, ma Clemente VII si oppose, sia perché temeva una riproposizione delle tesi conciliariste (che sostenevano il primato dei vescovi sul papa), sia per ragioni personali (era figlio illegittimo e a rigore non avrebbe potuto accedere alle cariche ecclesiastiche). Fu il suo successore Paolo III che diede inizio ai lavori nel 1545. Venne scelta Trento proprio perché apparteneva si all’Impero, ma era anche italiana, accontentando sia le richieste dei protestanti che quelle di Roma.
Fin dall’inizio fu chiaro che una riconciliazione non si sarebbe mai realizzata vista l’esclusione dei protestanti dai lavori. Effettivamente l’imperatore ottenne che le questioni dottrinali, così come quelle disciplinari fossero messe in discussione. I due piani furono esaminati in parallelo, ma ebbero due esiti diversi: per quanto riguarda l’ambito disciplinare e la corruzione i padri conciliari fecero proprie molte delle critiche rivolte alla Chiesa; ma a proposito della revisione delle tesi dottrinali, venne adottato un atteggiamento intransigente e il rifiuto di tutte le posizioni di tutte le correnti protestanti.
Lo sforzo di definizione del concilio fu profondo. I decreti dogmatici ribadirono le posizioni dottrinali contestate dai riformati, ma chiusero anche in maniera coerente con il disegno egemonico della Chiesa questioni in discussione da tempo come il sacramento del matrimonio. Riaffermate furono le dottrine della giustificazione per fede per opere dalla capacità dell’uomo di scegliere tra bene e male, della natura di sacrificio della messa, del valore dei sacramenti (ribadendo sul fatto che fossero sette). Alla tradizione storica della Chiesa romana fu attribuita la stessa rilevanza delle Sacre Scritture. Venne stabilito anche che l’ordinazione avrebbe comportato uno statuto diverso da quello dei laici e che esso comportava l’obbligo al celibato.
Per quanto riguarda i decreti disciplinari, vennero affrontati gli abusi degli ecclesiastici, proponendo di eliminarli tramite uno stretto controllo da parte dell’autorità vescovile sui parroci e quindi conferendo ai vescovi, ora costretti a risiedere nella propria diocesi, un maggior potere gerarchico. Venne inoltre stabilito che il clero delle parrocchie dovesse ricevere un’adeguata preparazione attraverso dei seminari e che il controllo sui fedeli e sulla loro osservanza dei sacramenti, andava condotto in maniera scrupolosa, registrando in apposite liste battesimi, matrimoni e funerali.
Le operazioni del concilio risultarono di grande respiro, alle questioni sopracitate si guardò oltre alla dimensione puramente spirituale e disciplinare: già nel 1559 fu stilato un primo Indice dei libri proibiti (visto che la stampa si era rivelata un efficace strumento di diffusioni per le dottrine della riforma), che si completò nei decenni successivi; prima ancora che i lavori iniziassero, nel 1542 venne creato un tribunale provvisorio contro la lotta all’eresia, affidandone la direzione alla Congregazione dell’Inquisizione universale o del Sant’Ufficio, istituita a tale scopo. Essa acquistò enorme potere tanto che poi riuscì perfino ad influenzare ed indirizzare i lavori interno del concilio, mettendo sotto accusa i vescovi con visioni più aperte. In Italia fu introdotta l’Inquisizione romana con lo scopo di estirpare alla radice qualsiasi dissenso dottrinale. Il tutto fu comunque accompagnato da un rinnovato spirito di evangelizzazione, che si espresse nella formazione di nuovi ordini religiosi, quali la Compagnia di Gesù.
Il percorso del concilio fu lungo e travagliato tanto che passarono quasi vent’anni dalla sua apertura anche se di mezzo vi fu una sospensione di dieci anni che va dal 1552 al 1562 con la conclusione definitiva avvenuta il 4 dicembre del 1563. Contrariamente a quanto auspicava Carlo V le divisioni si acuirono e porteranno in poco più di cinquant’anni ad uno dei conflitti più sanguinosi che l’Europa abbia visto in epoca moderna, la Guerra dei trent’anni.