13 Giugno 313 d.C. – L’Editto di Milano
Il 13 giugno del 313 d.C. venne promulgato l’Editto di Milano, noto anche come Editto di Tolleranza o Editto di Costantino, dal nome dell’Imperatore d’Occidente che ne caldeggiò la promulgazione, garantendo “anche ai cristiani, come a tutti, la libertà di seguire la religione preferita”.
Questo documento di più di 1700 anni fa è l’antesignano scrigno della libertà di culto.
L’allora Imperatore d’Oriente Costantino I incontrò tra il febbraio e il marzo del 313 d.C. il suo omologo, Imperatore d’Oriente Licinio.
All’alba di tale incontro pare ne sia scaturita la pubblicazione di un provvedimento con forza di legge, consegnatosi alla storia come il famigerato Editto di Milano. La storicità di detta promulgazione è stata oggetto di accesi dibattiti tra gli storiografi e gli studiosi del diritto, sebbene la veridicità dell’incontro tra i due Imperatori non sia mai stata messa in dubbio.
Costantino e Licino, “avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedeva[n]o utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, [hanno] posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità”.
A partire dal XIX secolo molte ombre furono evocate dalla dottrina nella disamina di questo provvedimento, specie circa i confini nebulosi della sua effettiva esistenza. I dubbi stratificatisi nel tempo si radicano sull’apporto contraddittorio e lacunoso delle fonti storiche antiche che si presentano molto spesso ambigue anche sul piano terminologico e definitorio.
Il primo a insinuare il sospetto fu Otto Seeck, studioso tedesco, appassionato di epoca imperiale romana, che, attraverso le lenti delle fonti di matrice cristiana fa eclissare la temporalità e la portata innovativa dell’Editto di Milano nell’Editto di Serdica (o Editto di Galerio), adottato a Nicomedia già nel 311.
I riferimenti all’Editto di Milano di più approfondita diffusione furono tramandati in latino da Lattanzio nel suo De mortibus persecutorum di Lattanzio e da Eusebio di Cesarea nel suo Historia ecclesiastica.
Molti furono le menti che si approcciarono ai due testi tentando di sviscerarli e di carpirne la verità. Tra i tanti si menziona l’italiano Amedeo Crivellucci che tentò di screditare la tesi di Seeck, sostenendo che il c.d. “rescritto di Serdica” rappresenta una mera riproduzione del contenuto dell’Editto di Milano, con alcune varianti utili al contesto di applicazione. Anche Emilio Galli e Maurilio Adriani tentarono di difenderne l’autenticità storica, opponendosi alle teorie elaborate da Jacques Moreau e da Grégoire.
Molte mani continuarono a incrociarsi e respingersi nell’interpretazione delle parole di Lattanzio e di Eusebio.
Le più recenti ricerche condotte da Nesselhaus e Christensen tengono ancora accesa la fiamma del dibattito.
Ciò che resta indubbio è la capacità dell’Imperatore Costantino di consegnare la sua grandezza alla leggenda e la capacità di questo Editto o della proiezione dei desiderata ad esso sottesi di divenire uno dei momenti più alti della storia dell’umanità.