28 marzo 1945 – Ines Bedeschi, Bruna
Per i suoi compagni era Bruna, Ines Bedeschi.
Trent’anni scarsi e una coraggiosa dedizione alla libertà del suo paese, del nostro paese.
Bruna, nata in provincia di Ravenna, fin dall’Armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943 era stata in prima linea nella resistenza antifascista emiliana e quando l’anno successivo venne costituito il CUMER (Comando unificato militare Emilia Romagna) lei se ne rese valorosissima staffetta. Nome di battaglia, Bruna.
D’altronde forse non è un caso se la parola greca άγνóς (agnós, Ines) significa proprio casto, puro, ma anche sacro, venerabile.
Tanto valorosa che i vertici le affidavano compiti delicatissimi, consci della scaltra intelligenza e dell’imprudente coraggio che la caratterizzavano.
Le staffette costituirono d’altra parte un anello essenziale dell’esercito partigiano. Senza di loro, anonime protagoniste, non ci sarebbero probabilmente stati collegamenti e ordini e comunicazioni non sarebbero mai giunti a destinazione.
I loro compiti erano ardui, i rischi enormi e molte di loro caddero. Ma Bruna nessuno l’avrebbe fermata, nemmeno il nemico che la catturò e violentemente la torturò uccidendola nel marzo 1945 cercando di ottenere una confessione. Il suo corpo, fucilato, venne gettato nel Po.
Bruna, anche in quell’occasione, rimase fedele ai compagni.
Nel settembre 1968 le verrà addirittura conferita la medaglia d’oro al valore militare per celebrare il suo “elevato spirito e intelligente iniziativa” che le fecero sempre prediligere il “supremo sacrificio” al tradimento dei compagni.