Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, o più semplicemente Montesquieu, è stato uno dei più grandi filosofi e pensatori dell’epoca moderna, illuminista-politico, nonché storico, e giurista.
Nacque il 18 gennaio 1689 nel castello di La Brede (appartenuto alla famiglia materna) nei pressi di Bordeaux. Intrapresi gli studi giuridici, si laurea in giurisprudenza a Bordeaux nel 1708. Sempre della stessa città, divenne consigliere del parlamento nel 1714. Due anni dopo, nel 1716 eredita il titolo nobiliare con il quale verrà maggiormente riconosciuto in futuro: la baronia di Montesquieu. Inoltre, ereditò la carica di presidente del parlamento, carica che però venderà una decina di anni più tardi per ripagare i suoi debiti. Soggiornò per cinque anni a Parigi, dal 1721 al 1725. Nel 1728 venne eletto membro dell’Accademia Francese delle scienze naturali (di cui era profondamente appassionato), luogo dove presentò e discusse alcuni suoi lavori riguardanti i diversi ambiti, da quelli scientifici a quelli filosofici. Come molti nobili dell’epoca, viaggiò molto, tra Austria, Italia, Germania, Inghilterra.
Tornato in patria, nel 1734 si dedicò a quella che sarà la sua maggiore opera, De l’esprit des lois (pubblicato nel 1748 a Ginevra), opera che tra l’altro, come lui stesso dichiarerà, sarà un punto di approdo per tutte le sue opere precedenti. Questo lavoro ebbe un successo enorme, specie in Inghilterra. In essa vengono stabiliti i principi fondamentali delle scienze economiche e sociali e vi concentra tutta la sostanza del pensiero liberale. In difesa di questa opera pubblicò anche, nel 1750, Défense de l’Esprit des lois.
I suoi ambiti lavorativi come intellettuale furono svariati. Nel 1716 scrisse una Dissertation sur la politique des Romains, nella quale sostenne l’utilità politica della religione, sicuramente influenzato dal pensiero machiavellico. Negli anni precedenti al soggiorno parigino, si dedica a ricerche scientifiche, sulla fisica e la storia naturale, mentre nel frattempo scrive le famose Lettere persiane (Amsterdam 1721), nella quale figurano alcuni tratti tipici del suo pensiero: avversione e polemica sulle dispute religiose e l’intolleranza; la polemica con Hobbes; avversione al dispotismo; parlamenti come garanzia per le libertà. Per quanto riguarda le riflessioni storiche si può ricordare Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence, opera nella quale esalta la Roma repubblicana, quella raffigurata da Livio: la grandezza dei romani fu frutto della loro vita, per saldezza e coesione sociale che esse, le virtù, produssero; e dove infine afferma che tra le maggior cause di decadenza romana vi era proprio il venir meno di tali virtù.
Negli ultimi anni della sua vita, Montesquieu continuò a viaggiare per l’Europa, specie tra Italia, Austria, Ungheria e Inghilterra, dove fu acclamato in quanto autore di Lo spirito delle leggi.
Morì nel 1755, all’età di 66 anni, non prima di aver dato il suo personalissimo contributo alla stesura dell’Enciclopedia.
«Siccome tutte le cose umane hanno una fine, lo Stato di cui parliamo perderà la sua libertà, perirà. Roma, Sparta e Cartagine sono pur perite. Perirà quando il potere legislativo sarà più corrotto di quello esecutivo. Non sta a me esaminare se gli Inglesi godano attualmente di questa libertà o no. Mi basta dire che essa è stabilita dalle loro leggi, e non chiedo di più. Non pretendo con ciò di avvilire gli altri governi, né dichiarare che questa libertà politica estrema debba mortificare quelli che ne hanno soltanto una moderata. Come potrei dirlo io, che credo che non sia sempre desiderabile nemmeno l’eccesso della ragione; e che gli uomini si adattino quasi sempre meglio alle istituzioni di mezzo che a quelle estreme?» (Libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu).