Protagonista e ideatore della rivolta fu l’avvocato Daniele Manin, che rese Venezia protagonista di una delle tappe più importanti dei moti rivoluzionari della metà dell’800.
“Noi siamo liberi e possiamo doppiamente gloriarci di esserlo”, diceva, ammonendo però i cittadini a non accontentarsi, perché non bastava aver abbattuto l’antico governo, essendo necessario “sostituirne uno nuovo, e il più adatto ci sembra quello della repubblica che rammenti le glorie passate, migliorato dalle libertà presenti. Viva la repubblica! Viva la libertà! Viva san Marco!”.
Il 17 marzo 1848, dopo che un’insurrezione popolare a Vienna aveva costretto alle dimissioni il Cancelliere di Stato Metternich, anche Manin, imprigionato nelle carceri austriache per la sua attività patriottica, fu liberato a furor di popolo insieme a Nicolò Tommaseo e a tutti coloro che, considerati sovversivi, dal gennaio di quell’anno erano stati rinchiusi in carcere dal governo austriaco.
A quel punto sarebbe stata solo una questione di giorni. Per usare le parole di Manin “l’insurrezione non è solo un diritto, ma è anche un dovere”. E così fu.
La mattina del 22 marzo gli operai dell’Arsenale uccisero a sprangate il conte Giovanni Marinovich, comandante dell’Arsenale. Gli Austriaci avevano le ore contate. Gli italiani nell’esercito nemico si ammutinarono e i civili si armarono.
Quella stessa sera del 22 marzo si costituì un governo provvisorio e dal giorno seguente Manin ne venne nominato Presidente.
La repubblica, tuttavia, non ebbe vita lunghissima e nel 1849 tornò il dominio asburgico.