In data odierna è stata adottata la Legge 604 del 15 luglio 1966, ossia le norme sui licenziamenti individuali pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto 1966.
La legge, da ultimo modificata dalla legge 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. Collegato Lavoro) e dalla Legge Fornero ha avuto una genesi piuttosto travagliata sin dalla sua progettazione. L’iter di gestazione fu particolarmente tormentato, sebbene le dinamiche parlamentari conobbero celerità perché la fase di approvazione del Disegno di Legge redatto dal Governo Moro insediatosi nel febbraio del 66 fu completata rapidamente così come anche la strutturazione di alcuni dei suoi contenuti, che recepirono l’Accordo interconfederale sui licenziamenti individuali già adottato un anno prima.
Il principale terreno di scontro tra la maggioranza governativa e le parti sociali riguardava la questione relativa alle limitazioni del potere datoriale di recesso ad nutum. Già nel 1958 la Corte Costituzionale affrontò la questione, poi confermata nella sentenza n. 45 del 26 maggio 1966, ritenendo che la compressione del potere di licenziare in maniera ingiustificata si conformasse ai principi costituzionali. Sul versante più squisitamente politico, i sindacati di allora temevano che la disposizione avesse esautorato le loro prerogative, già esercitate attraverso importanti conquiste pregresse, come quella di aver spostato sul datore di lavoro “l’onere della prova dei fatti posti a base del motivo addotto a giustificazione del licenziamento”. La Consulta, con sentenza del 17 maggio 1966, n. 50, si pronunciò poi anche sulla questione del recepimento dall’Accordo Interconfederale, dichiarandola infondata.
Le principali differenze tra l’Accordo interconfederale e la disposizione in esame risiedono nella previsione contemplata dalla L. 604/1966 nel disciplinare l’istituto della riassunzione, in sostituzione alla ipotesi di ripristino del rapporto che tende a preservare la continuità del rapporto, garantendo la conservazione dell’anzianità maturata durante il percorso lavorativo.
Tra i risultati più strutturali di questa disposizione si annovera l’aver imperniato la disciplina sui licenziamenti ai concetti di giustificato motivo oggettivo e giustificato motivo soggettivo, nonché il rinvio all’art. 2119 del codice civile per ciò che concerne la definizione di giusta causa.
L’art. 3 prevede infatti che “Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.“
Molteplici criticità si stratificarono nel corso del tempo, inducendo sia la Corte Costituzionale che il legislatore a intervenire per ricalibrarne la portata, l’estensione e le misure.
Alcune tra queste rimasero inalterate pur dopo le modifiche di cui al Collegato Lavoro e alla Legge Fornero, come ad esempio la nullità del licenziamento discriminatorio di cui all’art. 4 e il disposto dell’art. 2, secondo cui “il licenziamento intimato senza l’osservanza [della forma scritta] è inefficace.”
La Legge 604 resta tutt’ora un testo imprescindibile per ogni giuslavorista, pur mantenendosi profondamente controversa e catturando la vivace attenzione di dottrina e giurisprudenza