Il 1° agosto di ogni anno è una data, per il popolo italico, importantissima; forse più di quelle che segnano le ricorrenze religiose e civili, i compleanni e gli anniversari, anche i più disparati e curiosi.
È, infatti, la data in cui, tradizionalmente, per molti abitanti della nostra penisola iniziano le agognatissime, sospirate e tanto attese vacanze estive; è anche la data spartiacque prima della quale tutto deve essere chiuso, fatto, finito e predisposto per la ripresa settembrina; la data in cui sembra che debba finire il mondo…
E così, almeno per i primi venti giorni del mese di agosto l’Italia (anche quella “che conta”, anche quella della Milano da bere e del 24/7, così come – ovviamente – quella della politica e della giustizia) si ferma, o almeno tende a farlo, andando al più avanti per mera inerzia.
Molti italiani si recano così in villeggiatura nelle belle e piacevoli località balneari disseminate sui nostri 8.000 km di favolosa costa e intorno ai nostri splendidi laghi.
Ma per chi è abituato alla vita frenetica imposta dai ritmi lavorativi, il riposo in spiaggia può, talvolta, rivelarsi quasi noioso e monotono.
E così sono spuntati nel tempo innumerevoli passatempi da spiaggia: racchettoni, beach volley, sci d’acqua, wakeboard, surf, wind surf, kite surf, canoa, SUP, pattino, moscone e, naturalmente, l’immancabile pedalò, svago prediletto da coppiette, cumenda, sciure e madame, ragazzine, giovanotti e famigliole con bimbi (specie quelli muniti dello spassoso scivolo).
Il pedalò (in realtà, nella sua lingua natia denominato pédalo) venne inventato nel 1933 dai francesi Georges-Henri Canton e Jean-Eugène Canton, che di esso depositarono in Francia diversi brevetti: il brevetto n. 775.523, depositato il 28 settembre 1933 (alle ore 16:22), il brevetto n. 806.450, depositato il 16 settembre 1935 (alle ore 16:37), il brevetto n. 831.040, depositato il 1° aprile 1937 (alle ore 16:25).
Quest’ultimo brevetto, in particolare, rivendica diversi perfezionamenti, e nell’attuazione mostrata nei disegni ricorda abbastanza la forma dei pedalò che siamo abituati a trovare nelle nostre spiagge.
Un’ulteriore versione del pedalò fu poi oggetto del brevetto francese n. 924.561, depositato dai signori Canton il 29 marzo 1946 (alle ore 16:20).
Ma (con buona pace della grandeur) Georges-Henri Canton e Jean-Eugène Canton non furono i primi ad avere l’idea di azionare un’imbarcazione mediante pedali, e a dare quindi ai vacanzieri l’opportunità di pedalare sull’acqua.
Abbiamo, infatti, trovato un curioso quanto ingegnoso brevetto inerente a tale tipologia di invenzione risalente addirittura alla fine del XIX secolo.
Si tratta del brevetto statunitense n. 485.369, depositato il 27 novembre 1891 su priorità tedesca n. 56.324 del 21 settembre 1890, concesso il 1° novembre 1892.
L’inventore, signor Johannes Fr. Breyer (un cittadino brasiliano residente ad Amburgo, nell’allora Impero Germanico) indica nel brevetto che la sua invenzione riguarda un velocipede acquatico (“acquatic velocipede”) migliorato che può essere facilmente azionato a guisa di ciclo da una o più persone; il movimento delle gambe è trasmesso da un meccanismo di guida adatto a corpi cavi a vite, da cui viene prodotta la propulsione in avanti del velocipede. La sagoma delle ali dei corpi cavi a vite ricorda quella che si crea durante il movimento propulsivo delle ali dalle mante e delle razze, affascinanti condroitti.
Il signor Breyer sottolinea che il suo velocipede permette di esercitare uno sport acquatico piacevole e sano, può essere realizzato per qualsiasi numero di persone, non è suscettibile di inclinarsi o capovolgersi, e può essere spinto a velocità considerevole con facilità.
Più in particolare, nella descrizione del brevetto è specificato che l’invenzione consiste in un velocipede acquatico che comprende due corpi cavi paralleli a vite che girano nei cuscinetti di un telaio trasversale di collegamento, sul quale sono disposti il sedile o i sedili per la persona o le persone che azionano il velocipede.
Il movimento dei pedali azionati dalla persona o dalle persone (è infatti prevista, come attuazione preferita, anche una versione in tandem) è trasmesso da un meccanismo di guida adeguato alle parti posteriori dei corpi a vite, in modo che essi siano ruotati sui loro assi e quindi spinti attraverso l’acqua.
Il meccanismo di sterzo è azionato da una delle persone che spingono la struttura; tale meccanismo aziona dei timoni alle estremità posteriori dei corpi a vite, sopra i quali sono disposti dei galleggianti longitudinali cavi per impedire l’inclinazione e il rovesciamento della struttura.
L’inventore ha peraltro previsto che il velocipede possa anche essere spinto da un motore, specie quando esso sia di grandi dimensioni e sia quindi destinato a trasportare un maggior numero di persone.
Che vi rechiate in montagna o al mare, che vi svaghiate leggendo un buon libro o facendo sport acquatici, e che in quest’ultimo caso utilizziate o meno un pedalò, auguriamo a tutti voi un piacevole e riposante periodo vacanziero!
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