Il 2 giugno 1947, primo anniversario della data del referendum con cui il popolo italiano scelse la Repubblica, si tennero a Roma le prime celebrazioni nazionali, con lunghi cortei e un’incredibile partecipazione. Ecco come andò.
Il 2 e il 3 giugno del 1946 si tenne il referendum istituzionale con il quale gli italiani vennero chiamati alle urne per decidere quale forma di stato – monarchia o repubblica – dare al Paese.
Fu la prima votazione a suffragio universale indetta in Italia. Il risultato, 12.717.923 voti per la repubblica e 10.719.284 per la monarchia (con una percentuale, rispettivamente, di 54,3% e 45,7%), venne comunicato il 10 giugno 1946 e il 18 giugno la Corte di cassazione, dopo 85 anni di regno, sancì la nascita della Repubblica Italiana.
L’anno seguente, con Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 maggio 1947 n. 387, il 2 giugno di quell’anno venne dichiarato festa nazionale. Si procedette con provvedimenti annuali finché non venne stabilita come festa stabile negli anni ’50.
Nella mattina si tenne a Roma una parata militare su Viale Tiziano, parallelo della Via Flaminia, a Roma Nord. Ancora era troppo forte il ricordo delle riviste del regime tenute ai fori imperiali. Nel primo pomeriggio seguì l’assegnazione di ricompense al valor civile a svariati cittadini in Campidoglio.
Il ministro degli Interni Mario Scelba, nel timore di tumulti, concentrò a Roma su ogni angolo stradale jeep Willys presidiate da poliziotti e carabinieri, ma anche dalla military police dell’Esercito Americano.
La situazione era tesa: da un lato giovani fascisti affiggevano manifesti sotto il nome di SGAM (Squadre Giovanili di Azioni Mussoliniane), dall’altro militanti di PCI e PSI dipingevano ai crocicchi, sulle strade e sui muri falci e martelli o scritte “Viva la Repubblica Abbasso il Cancelliere”: il riferimento è alla stampa di sinistra che aveva ribattezzato De Gasperi “Cancelliere von De Gasperi” per la sua appartenenza al Parlamento Austriaco durante la Grande Guerra. Molti di entrambi i gruppi vennero arrestati.
A Bitonto, dove la monarchia aveva vinto col 60,77% dei voti, si fu più tranchant: il sindaco DC e commissario di Pubblica Sicurezza vietò manifestazioni in favore della Repubblica in quanto “faziose”, come pure la semplice affissione di manifesti.
Il Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola alle 18:32 lasciò Palazzo Giustiniani, utilizzato come residenza ufficiale del Capo dello Stato in questo periodo di transizione, per recarsi con la Lancia Astura di Stato a un ricevimento organizzato in suo onore dall’Assemblea costituente nella Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio (la stessa dove erano stati anche proclamati i risultati del referendum).
Il piccolo corteo arrivò a Montecitorio alle 18:45 nonostante il breve tragitto: enorme era infatti la calca del popolo romano che aveva la possibilità di vedere per la prima volta da vivo il Capo dello Stato.
Terminati i discorsi di rito, a cui assistettero anche delegati delle federazioni sindacali, De Nicola fu accompagnato da De Gasperi e dal Presidente dell’Assemblea Terracini a vedere l’emiciclo dalle balconate per il pubblico: “Ci sono stato venticinque anni – mormorò De Nicola – è bella, è la migliore fra le aule parlamentari del mondo”. De Gasperi osservò ridendo: “È veramente bella… senza deputati”. De Nicola lo ghiacciò prontamente: “Non essere blasfemo”.
La giornata vide anche due manifestazioni politiche. La prima venne organizzata dalla DC presso il Collegio Romano dove il neo-ministro della difesa on. Cingolani tenne un discorso domandandosi quanti “non avessero votato per la Repubblica temendo che ciò potesse essere l’inizio di sommosse e di gesti inconsulti ed illegali e cioè un vero salto nel buio.” Ebbene, “proprio a costoro occorre andare incontro per dimostrare che l’istituto repubblicano è e sarà il solo che potrà salvare il paese, perché questa nostra Repubblica vuole essere esempio di operosità e legalità al mondo intero”.
La seconda manifestazione, sicuramente molto più partecipata (15mila per la Questura; 150mila per gli organizzatori), venne organizzata da tutti i partiti di sinistra e centro-sinistra in Piazza del Popolo: vedendo oratori che andavano dal PCI e PSI fino al Partito Cristiano Sociale, passando per Azionisti, PSLI e PRI. Il comizio doveva iniziare per le ore 18:00 ma venne ritardato a lungo per l’affluire continuo di cortei provenienti dalle più lontane borgate popolari con in braccio bandiere rosse e tricolori. Dalle 17:00 gelatai, bibitari, venditori di caramelle e di sigarette, avevano occupato i punti strategici di Piazza del Popolo. Anche le grattachecche erano in linea l’entusiasmo generale: il gusto venduto era un trio di sciroppi di menta, orzata e lampone, nel tentativo di colpire una corda patriottica.
L’onorevole del PCI Pietro Secchia prese la parola alle 19:15, così esordendo: “L’entusiasmo, l’imponenza, la forza di questa manifestazione è la migliore risposta al tradimento perpetrato da un partito alla volontà popolare, alla brutale offesa dei sentimenti democratici e repubblicani della grande maggioranza degli italiani, allo spirito del 2 Giugno”. Accusava le forze “plutocratiche” di sabotare la ricostruzione, “si sono rifiutate di pagare sia pure solo una parte delle spese. Si sono abbandonate a vergognose speculazioni sulla Lira, sulle valute estere, sul pane, sul sudore e sul sangue del popolo. E sono queste le forze che hanno provocato la crisi di governo, per non pagare l’imposta patrimoniale”. Concludeva bollando come “non democratico e non repubblicano”, “settario, totalitario di un solo partito, un governo nero” il nuovo governo di De Gasperi a maggioranza DC-PSLI-PLI-PRI.
Il comizio dei partiti di sinistra e centro-sinistra terminò poco dopo le 20, quasi in concomitanza col rientro di De Nicola a Palazzo Giustiniani. La folla della manifestazione si sciolse per quell’ora e si diresse verso la residenza del Capo Provvisorio dello Stato. Questi uscì sul balcone del Palazzo alle 21:14 e stette per la successiva ora e un quarto a salutare il corteo, che si snodava fino a Largo Argentina e Piazza Venezia. Il palazzo dove aveva sede la DC, in Piazza del Gesù, lì nel mezzo in quel groviglio di strade, sprangato e presidiato dalla Polizia, fu ovviamente oggetto di continui fischi. A Piazza Venezia il corteo avrebbe dovuto sciogliersi. Invece cominciò un colossale girotondo sulla piattaforma al centro della Piazza, cui parteciparono varie centinaia di giovani.
Così verso mezzanotte si concluse la prima Festa della Repubblica Italiana.
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