Oggi i comitati sportivi sono severissimi nelle loro strategie contro il doping: ma di cosa parliamo? E quando venne scoperta questa pratica?
Sotto il cappello del doping vengono riunite numerose sostanze stimolanti – droghe e non – che gli atleti meno corretti assumono al fine di migliorare l’efficienza psico-fisica durante una prestazione sportiva.
Il primo caso di doping nella storia dello sport venne scoperto durante le Olimpiadi di Roma del 1960, per puro caso. Il ciclista danese Knud Enemark Jensen, fece una brutta caduta nel corso della 100 km a squadre, morendo di lì a poco. I medici che eseguirono l’autopsia trovarono nel corpo dell’atleta una serie di stimolanti, prevalentemente anfetamine e alcol nicotinico.
Nel luglio del 1960 era nato il Comitato italiano di studio per la lotta contro il doping, con sede nella città di Milano e in stretta collaborazione con altri centri europei, tra cui quelli inglesi e francesi. Obiettivo era contrastare un fenomeno che aveva dato dei segni da almeno 10 anni in tutta Europa.
Tuttavia, in settembre dello stesso anno, una conferenza di 300 medici tenutasi al Foro Italico aveva sostenuto come la legge vigente non fosse sufficiente a impedire il “drogaggio” degli atleti.
Uno dei congressisti del Foro Italico, il prof. Rudolf Thomas dell’università di Ginevra, aveva spiegato per la prima volta in modo ufficiale cosa accade quando si assume del doping: nello sforzo di una competizione sportiva, il fisico umano può raggiungere progressivamente un limite di tensione massimo, oltre il quale si muore. A questo limite, la fatica del corpo, la sofferenza, lo spasimo nervoso pongono delle indicazioni che tutti conosciamo: si sa bene che quando uno di noi è proteso verso qualcosa che non riesce a fare, lotta a furia di nervi e di muscoli per arrivare in fondo e sente che le forze lo abbandonano, dice a se stesso «non ce la faccio più… ». La droga non fa sentire quella voce di stanchezza.
Eppure, si legge in un articolo de Il Corriere della Sera:
La discussione resta quindi al punto di partenza: esiste un pericolo che minaccia la vita dello sport, ma non esistono i mezzi per combatterlo.
Tali mezzi arriveranno più tardi, quasi vent’anni dopo.
Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e diverse federazioni sportive internazionali e nazionali nominarono allora una task force medica per studiare strategie di contrasto al doping. Nel mentre, oltre vent’anni dopo, il corridore Ben Johnson venne scoperto ad aver assunto sostanze dopanti durante le Olimpiadi di Seoul del 1988. L’atleta aveva vinto la corsa dei 100 metri piani e stabilito il record del mondo, che fu quindi annullato.
Fu così che nel 1989 vennero creata la World Anti-Doping Agency, un’agenzia internazionale che varò il Codice Mondiale Antidoping WADA, accettato da tutte le federazioni sportive nazionali.
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