Il 7 giugno del 1929 entrano in vigore i Patti Lateranensi, già sottoscritti tra la Santa Sede e il Regno d’Italia in data 11 febbraio dello stesso anno, resi esecutivi con la Legge n 810/1929 e pubblicati negli Acta Apostolicae Sedis n. 6 del 1929. I Patti Lateranensi sugellano l’accordo tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica e rappresentano il punto risolutivo della annosa questione romana. La Santa Sede ha dunque espresso formale riconoscimento all’esistenza dello Stato Italiano e manifestato la rinuncia a ogni pretesa temporale sul territorio romano. Tale accordo venne articolato in tre parti.
Il Trattato disciplina le relazioni internazionali tra i due stati e sancisce l’indipendenza della Santa Sede, divenendo dunque istitutivo dello Stato Città del Vaticano e riconoscendone la sovranità.
La Convenzione finanziaria regola invece l’assetto dei rapporti economici e commerciali tra i due stati, esentando la Chiesa dall’imposizione di tasse e dazi sui prodotti importati. La Convenzione si è inoltre orientata a normare le questioni originate con l’adozione delle leggi eversive dell’asse ecclesiastico n. del 7 luglio 1866, mediante cui fu abolito il riconoscimento patrimoniale agli enti di carattere ecclesiastico.
Con l’Art. 1 della Convenzione inoltre obbliga l’Italia a “versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la somma di lire italiane 750.000.000 (settecento cinquanta milioni [dell’epoca]) ed a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto Consolidato italiano 5% al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v.) del valore nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo)”
La terza sezione è rappresentata invece da un Concordato, con il quale sono disciplinati i rapporti confessionali e il contemperamento delle dinamiche di natura civile ed ecclesiastica tra i due soggetti, precedentemente ricondonducibili al famigerato precetto “libera Chiesa in libero Stato”. Sino ad allora infatti tali profili ricadevano nell’ambito di applicazione della Legge delle Guarentigie che si imperniavano sul principio di laicità dello stato.
I Patti hanno dunque rappresentato una regressione sul versante della tutela della libertà di culto e del pluralismo religioso, mediante il formale riconoscimento della religione cattolica come “sola religione dello Stato”, sebbene molti esponenti della dottrina abbiano ritenuto che tale dichiarazione, altresì ricompresa nello Statuto Albertino, non avesse un impatto giuridico né una efficacia dirimente.
Anche la nostra Costituzione, all’art. 7 rinvia ai contenuti dei Patti Lateranensi, riconoscendo che una eventuale modificazione degli stessi, già avvenuta nel 1984, non inneschi alcun procedimento di revisione costituzionale.
È tuttavia controverso in dottrina se i Patti Lateranensi siano o meno stati costituzionalizzati. La giurisprudenza della Consulta ha affermato che le norme di esecuzione dei patti, proprio sulla base della copertura costituzionale di cui godono, siano idonee a derogare ai precetti costituzionali, ma non anche ai principi fondamentali del nostro ordinamento, tra cui si ricomprende proprio quello di laicità dello Stato.
Dopo prolungate trattative con il Vaticano, la revisione dei patti del 1984 ha inteso prosciugare pertanto i Patti dalle incongruenze costituzionali, comprimendo alcuni privilegi ed esaltando i principi di pluralismo e laicità dello stato.