Il Processo Enimont si svolse a Milano tra il 1993 e il 2003. Furono coinvolti numerosi esponenti del mondo politico ed imprenditoriale. Nell’occhio del ciclone una tangente da 150 miliardi di lire utilizzata secondo l’accusa per finanziare illecitamente i partiti.
Tra i protagonisti della vicenda che fece letteralmente detonare la prima Repubblica vi fu Raul Gardini, rampante finanziere negli anni Ottanta era arrivato al vertice della Montedison.
In seguito alla scalata, tentò l’affondo con la fusione con Eni dando vita alla Enimont, un colosso chimico mondiale. L’operazione avrebbe però necessitato dell’appoggio della politica in termini di interventi normativi per garantire sgravi fiscali per il perfezionamento dell’operazione.
La maxitangente fu versata attraverso l’intermedario Sergio Cusani, dirigente del gruppo azionista di maggioranza della Montedison. Da Cusani si giunse presto ai massimi esponenti politici di pressoché tutti i partiti, dalla DC al PSI dal PLI al PRI, dal PSDI alla Lega Nord.
Tra gli imputati anche Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio e segretario del PSI. Fu condannato in primo grado a 4 anni nel 1996 per il reato di finanziamento illecito, condanna confermata anche in appello il 12 luglio 1997. La condanna fu poi ridotta a 3 anni nel processo di appello bis dopo il passaggio in Cassazione.
Il reato si estinse per il decesso di Craxi ad Hammaet il 19 gennaio 2000.