Martedì 29 ottobre 1929, New York. Sono passati cinque giorni dal Giovedì Nero, quando la borsa di Wall Street ha subito il più drammatico collasso della storia. Ma era solo la prima di una serie di giornate rovinose per il mercato azionario. I prezzi diventavano via via sempre più bassi, risparmiatori e investitori erano restavano in attesa in un clima di preoccupazione. Il lunedì il nervosismo nello Stock Exchange andò aumentando, ma arrivati a martedì, il Martedì nero, il “Big Crash“, fu evidente che il crollo della borsa valori era irrimediabile.
Il martedì nero è il giorno che identifica l’inizio della Grande depressione, tra le più gravi crisi economiche della storia del mondo industrializzato.
Il prezzo delle azioni di numerose imprese di grandi dimensioni, come la General Electric, era precipitato. Quel giorno più di sedici milioni di azioni vennero negoziate e il valore delle stesse calò di altri dieci miliardi di dollari. Ciò ebbe un riflesso immediato sulle altre borse degli Stati Uniti, da Chicago a San Francisco.
Gli economisti e gli storici non concordano sul ruolo esatto che il crollo della borsa ebbe nella seguente crisi economica e non condividono il nesso causale che lega le due crisi. Per alcuni il crollo borsistico rappresenta il sintomo di una situazione economica già in piena contrazione nell’autunno del 1929, e non la sua causa, per altri la crisi finanziaria fu la causa scatenante della depressione.
Dopo il crollo, il Dow Jones Industrial Average (DJIA) recuperò all’inizio del 1930, per poi calare nuovamente, raggiungendo un minimo di mercato nel 1932. Il Dow Jones non tornò ai livelli precedenti al 1929 prima della fine del 1954.
Il crollo segnò anche l’inizio di importanti riforme finanziarie e delle regole del commercio.