Voto, s.m.
Il termine di questa settimana, Voto, ci riporta a quel parallelismo lessicale tra sacro e profano, tra ambito ecclesiastico e giurisprudenziale, comune ad un recinto importante dei termini del diritto moderno.
Non perché ad ogni elezione ci ritroviamo spesso con il chiederci se ci sia o meno lo zampino di qualche demone dallo humor molto macabro, vista la gamma di scelta cui siamo sottoposti davanti al lenzuolo a pois della scheda elettorale. La spiegazione è meno dura della realtà e ci viene fornita da un veloce viaggio nella sua etimologia.
Iniziamo però con il citare qualche assaggio del termine per gli ambiti di applicazione più esemplari storicamente.
C’è un voto che è una promessa solenne sancita con il Divino e dalla Fede. Condizionato o incondizionato in base a ciò che il votane è chiamato a fare per render onore alla parola data, la dottrina cristiana ci insegna che un voto verso il Divino è l’atto di più alto sacrificio che l’uomo possa compiere nei verso il Padre Celeste, ma al contempo è anche palese testimone dell’amore di Dio nei confronti dei propri figli.
Ben lo descrive Beatrice nel V canto del Paradiso ad un Dante in cerca del confine tra voto e libero arbitrio:
Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
l’alto valor del voto, s’è sì fatto
che Dio consenta quando tu consenti;
ché, nel fermar tra Dio e l’uomo il patto,
vittima fassi di questo tesoro,
tal quale io dico; e fassi col suo atto.
Libertà nel donarsi, nel sacrificarsi, per servire e nel mentre liberarsi.
C’è poi un voto scolastico, incubo dai sei anni in su, marchio indelebile su registri cartacei ed elettronici. Un giudizio ma anche una sentenza solenne emanata da qualcuno incaricato di giudicare il nostro operato sulla base delle proprie competenze ed esperienze.
Infine, il voto del diritto costituzionale di poter partecipare ad una votazione ed esprimere la nostra preferenza. Il diritto democratico per eccellenza, che trova espressione ultima nel suffragio universale di stampo tutto sommato recente – com’è noto, nel nostro Paese venne concesso per la prima volta nel Regno d’Italia di Re Umberto II, in occasione del Referendum del 1946.
L’etimologia di voto parla chiaro: deriva dal latino VOTUM, “promessa solenne, desiderio, preghiera”, a sua volta da VOTUS, participio passato di VOVERE “promettere solennemente, dedicare, impegnare”.
Come sempre, non possiamo fermarci qui per raggiungere il significato primo del termine e ci tocca scavare un po’ più a fondo per scovare la radice Proto Indo Europea *wegwh-, “pronunciare, parlare solennemente, predicare”. Da qui il Sancrito vaghat-, “offrire in sacrificio”, che rimanda al mondo religioso, ma anche che trova legame anche con tutti i termini derivanti da VOX, “voce”, come vocale e persino voucher (difficile da pronunciare quanto il Sancrito).
Nel diritto romano il votum consisteva in una promessa sacra fatta ad una divinità per causa propiziatoria o di ringraziamento.
Esso rientrava tra le obligatiònes quasi ex contractu di origine giustinianea, fondato quindi su un accordo affine ad un contractus preesistente.
Non è sede questa per ripercorrere l’intricato e spesso sanguinario excursus storico del voto quale diritto e dovere del cittadino. Citeremo a chiosa di quanto sin qui raccontato l’Articolo 48 della nostra Costituzione. Quella emanata a seguito del sopra menzionato primo suffragio universale italiano, e che ne sancisce l’importanza e ne delimita le circostanze:
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
Un dovere civico, appunto. E tanto basterebbe per smuoverci dal torpore dell’inappetenza politica verso le urne e il segreto della cabina, ogni qualvolta che siamo chiamati a farlo. Nonostante ciò che ci troveremo davanti nel puntinato lenzuolo della scheda elettorale.
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Bibliografia
Voto, in in GDLI, UTET (http://www.gdli.it/pdf_viewer/Scripts/pdf.js/web/viewer.asp?file=/PDF/GDLI21/GDLI_21_ocr_1032.pdf&parola=).
Votum, (par C. du Cange, 1678), dans du Cange, et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, éd. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 8, col. 380a. (http://ducange.enc.sorbonne.fr/VOTUM1).
*weku-, in DIACL, Diachronic Atlas of Comparative Linguistics (https://diacl.ht.lu.se/Lexeme/Details/37085).
Alighieri, Dante, La Commedia secondo l’antica vulgata, a cura di Giorgio Petrocchi, Firenze, Le Lettere, 1994.
Costituzione della Repubblica Italiana (https://www.senato.it/1025?sezione=123&articolo_numero_articolo=48).
Voto, in Enciclopedia Treccani Online (https://www.treccani.it/enciclopedia/voto/).
Votum, in Dizionario Storico-Giuridico Romano, ed. Simone (https://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?action=view&id=3180&dizionario=3).
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