È dal 1933 che il Testo Unico delle leggi sull’istruzione superiore vincola gli studenti universitari alla frequenza di un solo indirizzo di studio, talvolta pregiudicandone la competitività internazionale. Cosa si è fatto fino ad oggi per cambiare le cose? E cosa possiamo fare per cambiarle? L’autore di questo articolo da anni si batte per affermare i diritti degli Studenti italiani e si è fatto promotore di due petizioni, ex art. 50 Cost.: una alla Camera (la n° 408) e l’altra al Senato (la n°441). Da ultimo è stato sollecitato finanche l’intervento del Parlamento Europeo mediante una petizione che ha già superato il vaglio di ammissibilità e che può essere “sostenuta” da tutti gli Studenti (link e istruzioni in fondo all’articolo)
Se finora le massime collazionate dalla Redazione, sollecitando la vostra curiosità, sono state un utile e istruttivo passatempo, non vi sorprenderà sapere che il R.D. 1592/1933 ovvero il Testo Unico delle leggi sull’istruzione superiore, è nella top ten delle leggi più “vecchie” d’Italia. È stato emendato numerosissime volte dalla sua emanazione (ben 380!), l’ultima con la l. 10 del 10/2/2020. Rimane, pertanto, il testo di legge fondamentale che disciplina l’ordinamento universitario nel suo complesso.
Assai dibattuto e tristemente noto è l’art. 142 che impedisce agli Studenti italiani di frequentare contemporaneamente due percorsi universitari, che siano attivi nello stesso ateneo o in due distinti atenei, in Italia o all’estero. Più in dettaglio, l’iscrizione ad un corso di laurea, dottorato di ricerca, scuola di specializzazione, master di I° o II° livello, tirocinio formativo attivo, non consente contemporanee iscrizioni ad altri percorsi universitari, fatta eccezione per l’iscrizione a corsi di formazione che non prevedono il rilascio di titoli accademici e a corsi di istituti superiori di studi musicali e coreutici (decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca del 28 settembre 2011).
In pratica, uno studente universitario italiano non può frequentare in parallelo altri corsi di laurea utili per acquisire ulteriori competenze nella professione che si appresta a svolgere. Chi poi frequenta un master (di I° o II° livello che sia) non può iscriversi ad un altro che semmai offre completezza al suo profilo professionale. Paradossalmente, però, si possono seguire 10, 100, 1000 master non universitari offerti da Società private ben più costosi e, alle volte, anche più impegnativi. Ad un dottorando è preclusa la possibilità di seguire la S.S.P.L. ovvero un Master o qualsivoglia Scuola di Specializzazione. Ma non era forse la nostra stessa Carta Fondamentale che garantiva le aspettative dei “capaci e meritevoli” (art. 34)?
Dura lex sed lex si dirà, forse poco consapevoli di quanto la vetusta norma possa oggi apparire ultronea se non addirittura dannosa in un mondo che chiede sempre più flessibilità e fluidità di competenze, in cui le giovani generazioni sono chiamate a fare la loro parte.
In un diverso contesto socio-economico, quello appunto dei primi anni del novecento, caratterizzato da un economia chiusa a forte vocazione agricola, la ratio legis era dettata dall’arginare qualsiasi dispendio di energie dei pochi studenti che si accingevano a frequentare un Corso di studi universitario, ultimato il quale era immediata e quasi garantita la collocazione all’interno del mondo del lavoro.
Tra l’altro, l’art. 142 del R.D. 1592/1933 è una lex imperfecta, quindi non prevede sanzioni per la sua inosservanza. Sono i Regolamenti dei diversi Atenei ad ammonire che, nel caso in cui lo Studente proceda ad una seconda iscrizione, quest’ultima verrà caducata e gli esami svolti e/o i titoli eventualmente conseguiti verranno annullati d’ufficio (decadenza di tutte le iscrizioni successive alla prima).
Agli inizi degli anni 2000 si è avvertita l’esigenza di superare l’obsolescenza della norma, assai limitante se posta in relazione con la competitività del sistema Paese nello scenario globale. Risaputa è la penuria di laureati in Italia e l’anacronistico divieto appare andare in una direzione opposta rispetto all’obiettivo urgente di innalzare la percentuale di italiani laureati. Tale obiettivo, tra l’altro, è fissato dall’Unione europea per la fascia di età fino ai 34 anni.
Alcune Università propongono Corsi di “double degree” in convenzione con altri atenei europei. La soluzione però appare poco convincente perché, pur aggirando l’esecrabile divieto, tuttavia preclude al discente, unico ed effettivo destinatario del diritto di libera circolazione, una consapevole e autonoma manifestazione di preferenza nell’Università estera da frequentare. Inoltre, ancora nessun “espediente” è possibile attuare per coloro i quali vogliono frequentare contemporaneamente due corsi di studio in Italia.
Già nel 2003 l’europarlamentare Gianni Pittella propose una interrogazione scritta alla Commissione europea(1), la quale si defilò da ogni esaustivo riscontro negando la propria competenza in materia.
Negli anni numerose sono state le petizioni di cittadini, gruppi organizzati di Studenti nonché proposte di legge presentate dalla quasi totalità di schieramenti politici presenti in Parlamento. Il CNSU ha presentato una serie di mozioni(2) al Ministro dell’Istruzione affinché intervenisse.
Emblematico è il caso dello studente italiano Leonardo Gerino, laureando all’Università G. Marconi di Roma, che nel 2013 tentò di iscriversi a un Master in Irlanda pochi mesi prima dal conseguimento della laurea(3). Il Ministero espresse la sua più netta contrarietà all’istanza di Gerino, ribadita in più occasioni anche con una formale risposta (in realtà, ben avrebbe potuto frequentare il Master all’estero poiché secondo la regola della decadenza delle iscrizioni successive, nessuno poteva contestare ed inficiare la validità del titolo rilasciato all’estero, NdR).
Gerino annunciò che avrebbe fatto ricorso agli organi giudiziari europei e internazionali per chiedere l’abrogazione del divieto di iscrizione contemporanea a due percorsi universitari, sintomo di forte discriminazione degli studenti italiani rispetto ai colleghi europei per quel che riguarda il diritto allo studio e il libero accesso al sapere.
Gerino abbandonò comunque la sua battaglia non volendo sopportare gli alti costi di un contenzioso legale dall’esito incerto, probabilmente sconfortato da una sentenza del Consiglio di Stato (C.d.S. 42/2014 del 9/1/2014) tra l’Università di Cagliari e una Studentessa che chiedeva di iscriversi ad un Corso di Dottorato contemporaneamente alla frequenza della S.S.P.L. Con particolare riferimento al divieto di contemporanea iscrizione, in ragione della rigorosa formulazione del costrutto normativo, il Consiglio di Stato escluse la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale per violazione del generale canone di ragionevolezza (tradizionalmente ricondotto all’ambito applicativo dell’articolo 3 della Carta costituzionale).
Le iniziative di stampo legislativo che si sono stratificate nel tempo sono tali e tante che è impervio, pure per ragioni di esaustività, elencarle tutte. Non vi è dubbio però che il comune denominatore è la coralità di intenti protesa all’abrogazione di un così penalizzante e paralizzante divieto.
Le novità degli ultimi due anni
Qualcosa sembra ora essere cambiato. Una prima apertura arriva dall’ex-Ministro Bussetti che nel novembre 2018(4), all’inaugurazione del Salone Orientamenti di Genova dichiara:
È importante che i ragazzi non si specializzino unicamente in un settore, ma abbiano magari anche la possibilità, come avviene in altre nazioni, di rendere un po’ più flessibile la propria formazione.
Sempre nel 2018 la Corte di Giustizia U.E. si esprime sul rinvio pregiudiziale sollevato dal Consiglio di Stato italiano nella vertenza Ministero della Salute/Hannes Preindl(5). Il sig. Preindl si era laureato in Austria in odontoiatria e in medicina contemporaneamente e voleva esercitare la professione medica in Italia. Il verdetto non lascia dubbi interpretativi:
I titoli universitari conseguiti nell’ambito di corsi di laurea svolti in parte contemporaneamente devono essere riconosciuti in modo automatico in tutti gli Stati membri qualora risultino soddisfatte le condizioni minime di formazione stabilite dal diritto dell’Unione.
Causa C-675/17
Interessante è la lettura del Dossier 223 del 4/11/2019 stilato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati(6). In esso sono riportate tutte le proposte di legge di iniziativa parlamentare presentate nella sola XVIII° Legislatura, quella attuale (in ordine cronologico: Ascani, Minardo, Schullian, Sasso, Lattanzio).
Non bisogna sottacere, in particolare, la proposta avanzata dal Consiglio Nazionale dell’Economia e Lavoro (C.N.E.L.), ai sensi dell’art. 99 Cost., nella cui relazione illustrativa si legge:
Il divieto di cui si propone la soppressione è contenuto in una norma risalente ad epoca remota, nella quale l’esigenza più rilevante era quella di far uscire gli italiani dall’analfabetismo… La possibilità di seguire più percorsi contemporaneamente dà a studenti particolarmente capaci e volenterosi la possibilità di acquisire più rapidamente e integrare fra loro le conoscenze, nonché di presentarsi con più competenze sul mercato occupazionale. Se si condividono tali argomentazioni, non si può non convenire sulla necessità di abrogare un divieto nato in un contesto storico e sociale profondamente mutato, e di puntare sulla valorizzazione e il sostegno a quelle eccellenze e a quel potenziale formativo che, messo utilmente a frutto, costituisce il volano per l’agognata crescita economica e sociale del Paese.(7)
Il tema è però ormai entrato nel dibattito istituzionale e degli addetti ai lavori. Nemmeno gli studenti stanno a guardare e si stanno organizzando per promuovere iniziative per abolire il divieto di iscrizione contemporanea, come fanno gli iscritti del gruppo facebook Abolizione del divieto di doppia iscrizione universitaria.
Una proposta recente: la svolta?
Ad oggi, un bagliore in fondo al tunnel sembra intravedersi, tenuta del Governo Conte permettendo, con la proposta licenziata dalla Commissione Cultura della Camera lo scorso 17 dicembre(8).
All’apparenza è la svolta: all’art. 1 comma 6 del testo licenziato in Commissione Cultura alla Camera si legge: “L’articolo 142, comma 2, del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, è abrogato”.
Parole precise, nette, inequivocabili che non tradiscono l’intento dei promotori delle varie proposte di legge (Ascani, Minardo, Schullian, Sasso, Lattanzio) nonché del “famigerato” C.N.E.L. Una convergenza insolita nel teatrino della politica dove sempre meno c’è unanimità di vedute.
La proposta, però, ha le sembianze di una legge “gattopardesca” conformandosi al celebre adagio contenuto nel romanzo di Tomasi di Lampedusa: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!“
Infatti, come spesso accade, non è oro tutto ciò che luccica e qualche dubbio sorge da una lettura attenta del testo di legge. Si scoprirà, così, che il divieto di contemporanea iscrizione non è stato affatto “cancellato” dal nostro Ordinamento. Continuano cioè ad essere vietate le iscrizioni successive alla seconda. In altri termini, è resa possibile unicamente ed esclusivamente la doppia iscrizione (una accezione, per così dire, della contemporanea iscrizione) anche questa, però, con talune limitazioni che paiono irragionevoli.
Qualche osservazione
1) Pessima appare la formulazione dell’art. 1 comma 1. Sembra quasi che la doppia iscrizione sia riservata a due corsi omologhi (in sostanza, o due lauree o due master). Non pare, invece, contemplata la possibilità di iscriversi ad un corso di laurea e ad un master per chi ha già conseguito una pregressa laurea (triennale o magistrale). Questione di non poco conto che attiene al drafting della disposizione di legge. Una criticità interpretativa a cui non soccorre nemmeno il successivo comma 2 che, invece, è dirimente nell’escludere la doppia iscrizione a due dottorati ovvero a due istituti tecnici superiori.
2) In merito ai Dottorati rimarrebbe praticabile, per quanto è dato sapere, il conseguimento del doppio titolo (double/joint Phd) per coloro i quali sono iscritti a Corsi di Dottorato in convenzione con Università estere. I dottorandi che, invece, per loro sfortuna hanno vinto (o semplicemente hanno scelto) un Dottorato “tradizionale” non possono iscriversi contemporaneamente ad un omologo corso all’estero. Ebbene, francamente tutto ciò appare deprecabile e discriminatorio, assai penalizzante in virtù di una vocazione sempre più trasnazionale e globale che il titolo di dottore di ricerca, e la ricerca in sé, hanno da tempo assunto.
Onde evitare Dottorati di “serie A” e di “serie B”, bisognerebbe concedere la facoltà allo Studente di optare per un piano di studi che preveda il conseguimento del doppio titolo (da non confondersi con il Doctor Europaeus che non è un titolo accademico con valore sovranazionale né un titolo conferito da istituzioni internazionali, bensì una certificazione aggiuntiva al titolo di Dottore di ricerca).
Ma non basta. Sul punto, la questione davvero pruriginosa rimane il vietare che uno Studente (a Sue spese e coi propri mezzi) possa, qualora fosse conciliabile con gli impegni di studio (considerando che molti dottorati non richiedono una costante presenza in loco), pagarsi di tasca propria e frequentare (secondo le modalità previste a lui più congeniali) un Dottorato in contemporanea in un Paese estero (se in quest’ultimo è prevista tale opportunità di contemporanea iscrizione). In tale evenienza, il legislatore italiano diviene, senza mezzi termini, dispotico e liberticida!
3) Dal testo base sembrano, a prima lettura, completamente espunte le Scuole di Specializzazione (ad es. Scuole di Specializzazione per le professioni legali, Scuole di Specializzazione in Psicoterapia, ecc.) che pure, fino ad oggi, patiscono gli effetti del divieto di contemporanea iscrizione.
4) Scarsa considerazione merita la mozione del 5 dicembre 2020 del C.N.S.U.(9) un guazzabuglio che, come la proposta parlamentare, vorrebbe vietare le iscrizioni successive alla seconda, di fatto, restringendo solo in parte il campo di applicazione del divieto. Si propongono, inoltre, rigorosi e quasi marziali vincoli per condizionare il mantenimento della doppia iscrizione (dovranno essere conseguiti almeno due terzi dei crediti previsti per A.A. e, nel caso in cui lo studente risulti iscritto fuori corso per più di un anno, deve rinunciare ad una delle due iscrizioni). Alquanto avventata è la proposta di introduzione del Minor (un titolo accademico tipico dei sistemi anglosassoni con un numero di esami assai ridotto rispetto al Corso tradizionale); tutto ciò senza tener conto delle peculiarità del sistema universitario italiano, dei risvolti, delle ricadute e dell’impatto che una tale introduzione potrebbe comportare, prefigurando conseguenze nefaste per l’autorevolezza del nostro sistema di istruzione superiore.
Chi scrive, si batte da anni per affermare i diritti degli Studenti italiani e, sulla tematica qui cennata, si è fatto promotore nel 2019 di due petizioni, ex art. 50 Cost.: una alla Camera (la n° 408) e l’altra al Senato (la n°441). Da ultimo è stato sollecitato finanche l’intervento del Parlamento Europeo mediante una petizione che ha già superato il vaglio di ammissibilità e che può essere “sostenuta” da tutti gli Studenti.
AGGIORNAMENTO 01/07/2021: Il 23 marzo 2021, la Commissione Europea, ritenendo che nel divieto di contemporanea iscrizione possa scorgersi una potenziale restrizione della libera circolazione degli studenti europei, ha avviato “un dialogo con le autorità italiane per ottenere ulteriori informazioni, ad esempio riguardo all’eventuale esistenza di motivi politici che giustifichino gli ostacoli alla mobilità degli studenti che sembrano derivare dalle disposizioni italiane in questione quando si tenta di combinare un corso di studi in Italia e in un altro Stato membro”.
Per dare supporto alla petizione:
1) Occorre registrarsi al sito https://www.europarl.europa.eu/petitions/it/home con la propria e-mail personale;
2) Una volta effettuata la registrazione, nella barra di ricerca scrivere “0328/2020”. Verrà così visualizzata la petizioni da supportare, cliccando sulla dicitura “SOSTEGNO CONSENTITO”.
Noi abbiamo già sostenuto questa petizione. Quella proposta è una concreta battaglia di civiltà che chiama a raccolta tutti e che tutti possono sostenere. Bisogna adoperarsi per un proficuo “passaparola”! Ne va del nostro futuro e della competitività dell’Italia intera!
Oggi i tempi sembrano maturi… l’affermazione di un diritto chiede l’impegno di tutti affinché nessuno più riesca ad imbavagliare chi da tempo reclama la piena dignità dello Studente italiano!
Sitografia:
- https://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+WQ+E-2003-2670+0+DOC+XML+V0//IT
- http://www.cnsu.miur.it/argomenti/documentazione/mozioni/2015/mo_2015_05_08_002.aspx e http://www.cnsu.miur.it/argomenti/documentazione/documenti/2017/do_2017_03_15_003.aspx
- https://www.repubblica.it/scuola/2013/05/29/news/due_corsi_di_laurea_insieme_in_italia_vietato_in_europa_invece_ci_sono_anche_incentivi-59929962/
- https://www.orizzontescuola.it/bussetti-abolire-divieto-iscrizione-a-due-universita/
- https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2018-12/cp180188it.pdf
- http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/CU0090.pdf
- https://www.cnel.it/DesktopModules/EasyDNNNews/DocumentDownload.ashx?portalid=0&moduleid=694&articleid=719&documentid=642
- https://www.camera.it/leg18/824?tipo=A&anno=2020&mese=12&giorno=17&view=&commissione=07#data.20201217.com07.allegati.all00020
- http://www.cnsu.miur.it/argomenti/documentazione/mozioni/2020/mo_2020_12_09_002.aspx
Errata corrige
Leonardo Gerino, dopo essersi iscritto contemporaneamente a due corsi (un Master of Philosophy in Classics presso il Trinity College di Dublino e un Master di II livello presso l’Università Guglielmo Marconi), li ha portati a termine conseguendo i relativi titoli nel 2015.
Non sono stati dunque né le spese legali né lo “sconforto” per la succitata sentenza ad arrestare la sua battaglia, che anzi non solo è andata avanti, ma è stata vinta.
Ciò è stato possibile sfruttando un vulnus del decreto regio. Quest’ultimo prevede l’annullamento del secondo corso di laurea in ordine di iscrizione; ma se questo fosse in un Paese estero, l’Italia non avrebbe il potere giuridico di procedere all’annullamento, né potrebbe annullare la prima iscrizione in quanto la norma prevede esplicitamente l’annullamento della seconda. Pertanto, Gerino si è iscritto prima al Master italiano e poi al Master of Philosophy irlandese. Che nessuno possa contestare e inficiare la validità del titolo rilasciato all’estero è ciò che da anni consiglia a chiunque volesse sostenere una doppia iscrizione.
Per quanto concerne la sentenza C.d.S. 42/2014 del 9/1/2014 citata nell’articolo, essa non è applicabile alla sua casistica, trattandosi nella fattispecie di un corso di dottorato, che per definizione è a carattere esclusivo anche in presenza di una borsa di studio che vieta, tra le altre cose, di svolgere attività lavorativa altra se non previa autorizzazione dell’Ateneo – cosa non prevista per i corsi di laurea -, e di una scuola di specializzazione, anch’essa a carattere di esclusività.
28/12/2021