Come è finito un messaggio di Saragat sulla Luna? Con Ceausescu? Ecco la storia del dischetto di silicio con i messaggi dei vari Paesi che la missione Apollo 11 portò sulla Luna nel 1969 (e di quanto ci riveli della politica di quegli anni).
Il 20 luglio 1969 la missione Apollo 11 atterrò sulla Luna. La cosa venne poi ripetuta dalle missioni Apollo 12, 14, 15, 16 e 17: devo però dire che riguardo a queste missioni non ho mai letto teorie in merito al fatto di essere state filmate da Stanley Kubrick.
Certamente il primo allunaggio dell’Apollo 11 ebbe qualcosa di speciale e infatti per l’occasione la Nasa mise su il “Comitato per le attività simboliche“, dove alti funzionari dell’agenzia spaziale si riunivano e dialogavano con altri pezzi dell’amministrazione federale alla ricerca del modo più appropriato per celebrare questo traguardo dell’umanità.
Il Comitato ebbe l’idea di una placca commemorativa di circa 20 centimetri per lato, curvata perché attaccata al palo della scaletta del modulo di allunaggio, che sarebbe stata abbandonata sulla superficie lunare a missione conclusa. La placca porta l’iscrizione, in inglese, “Qui gli uomini dal pianeta Terra per la prima volta misero piede sulla Luna nel luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace per tutta l’Umanità“.
Seguono le firme degli astronauti e del Presidente Nixon. Questi aveva anche domandato alla NASA di mettere qualche riferimento a Dio nella placca, ma l‘Agenzia Spaziale lo ignorò. Probabilmente Nixon pensava a una risposta politica all’affermazione fatta a Seattle nel 1962 dal cosmonauta sovietico Gherman Titov (ma attribuita dalla propaganda dell’URSS a Yuri Gagarin) sul fatto che nello spazio non aveva visto “né angeli né Dio“. Il Comitato forse non diede risposta anche perché pochi mesi prima, la vigilia di Natale del 1968, l’equipaggio dell’Apollo 8 aveva letto in diretta televisiva i primi dieci passi dal Libro della Genesi e per questo l’attivista Madalyn Murray O’Hair, fondatrice dell’associazione Atei Americani, aveva promosso una causa presso la Corte Suprema, ancora pendente al momento dell’allunaggio, contro la NASA, sostenendo che ciò significasse una violazione della libertà religiosa prevista dal primo emendamento (la ragione sostenuta era che leggere la Genesi voleva dire promuovere una religione in particolare; la Corte Suprema poi si dichiarò priva della giurisdizione per valutare il caso).
La frase “Siamo venuti in pace per tutta l’Umanità” derivava, invece, dal National Aeronautics and Space Act del 1958, dove il Congresso dichiarò che questa fosse la politica spaziale degli Stati Uniti. Anche come conseguenza di ciò, sulla placca è presente una raffigurazione dei due emisferi terrestri senza confini statali.

Ma ovviamente a voi interessa sapere di Saragat. Circa un mese prima del lancio, il Comitato della NASA si accorse che forse era il caso di dare un qualche respiro internazionale all’avvenimento. Dunque spedì una lettera a tutte le ambasciate di Washington domandando se i “leader” dei rispettivi Paesi volessero inviare un messaggio da lasciare sulla Luna dopo l’allunaggio. Settantatré Paesi risposero e i messaggi vennero incisi su un dischetto di silicio dal diametro di un tappo del latte: Buzz Aldrin lo portava in una taschetta sulla spalla e lo posò sul suolo lunare poco prima di ripartire.
Per l’Italia lasciò un messaggio il Presidente Sargat. Vorrei potervi riportare le sue parole esatte invece che tradurre il testo in inglese presente su un documento della NASA, ma purtroppo non sono riportate da alcuna fonte italiana, né contemporanea, né del periodo. Mi propongo comunque di scrivere al Quirinale e di aggiornarvi, nel caso.
Questo è il testo ritradotto del messaggio di Saragat lasciato sulla Luna:
Il coraggio e la tecnologia degli Stati Uniti d’America hanno portato sul nostro satellite questo messaggio del Capo della Nazione Italiana, la quale è orgogliosa di annoverare fra i suoi figli Galileo Galilei, il cui genio lastricò il cammino della scienza moderna. La conquista della Luna è una pietra miliare del cammino di tutta l’umanità verso la pace, la libertà e la giustizia.
I messaggi dalle altre nazioni non sono molto più ispirati, ma ci dicono molte cose sul clima del tempo.
Infatti, si nota immediatamente come all’appello della NASA risposero quasi solo nazioni alleate degli Stati Uniti. Ci sono delle eccezioni: infatti sia il maresciallo Tito che Ceaușescu firmarono un messaggio per i loro Paesi, a conferma del distacco di entrambi dalla politica estera dell’Unione Sovietica (Ceaușescu, in particolare, circa un anno prima aveva condannato apertamente e pubblicamente l’intervento di Mosca in Cecoslovacchia).
Sarebbe poi da capire perché l’ambasciatore della Polonia abbia risposto per il suo Stato, ma anche perché ci sono messaggi dei consoli di Estonia e Lettonia, che allora erano addirittura parte dell’Unione Sovietica.
Notevoli le assenze di Francia e Germania Ovest.
La Cina è ovviamente rappresentata dal generale Chiang Kai-Shek, il quale probabilmente non si aspettava che Nixon appena tre anni dopo avrebbe aperto alla Cina Popolare e lui si sarebbe ritrovato senza seggio all’ONU.
Molti Paesi hanno nel frattempo cambiato nome, come il Dahomey (oggi Benin), o l’Alto Volta (Burkina Faso).
Il messaggio del Giappone è firmato dal Primo Ministro: forse smuovere l’Imperatore era troppo o forse non sembrava appropriato far firmare un messaggio dall’unico leader dell’Asse ancora in vita.
Il Primo Ministro del Canada, Pierre Trudeau, padre dell’attuale Primo Ministro Justin Trudeau, non poteva che mandare un messaggio metà in inglese e metà in francese.
Il Presidente di Israele ci tiene a precisare che sta scrivendo da Gerusalemme.
Papa Paolo VI dal Vaticano mandò il testo del Salmo 8 e una preghiera.
Tutti i politici che appaiono in quel dischetto di silicio sulla Luna sono ormai scomparsi da decenni tranne uno: la inossidabile Regina Elisabetta del Regno Unito.

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