Parafernale, agg.
Giudice
Vorrei lasciare mia moglie
Giudice
Vorrei andarmene via…
Perché l’hai sposata?
Perché portava in dote
Terreni confinanti
Con le terre che ho io
Forse le vostre terre non confinano più?
Ma scusi…che domande sono? Ma certo che confinano
Ancora
E allora non avrai mai il permesso
Di lasciare tua moglie
Di andartene via
Cantava nel 1965 Luigi Tenco, portando in musica una questione all’epoca scottante come il divorzio, che sarebbe entrata nel dibattito nazionale di lì a cinque anni.
Nel brano si inizia parlando di dote, istituzione sostanziale per la stipulazione del contratto di matrimonio fino ad una quarantina d’anni orsono. Tuttavia, chiunque abbia familiarità con il diritto di famiglia, sa bene come non fosse l’unica. Fino al 1975 era ancora in vigore la validità dei beni parafernali, che suonano come l’anticamera dell’inferno (e magari qualcuno potrebbe anche essere d’accordo), e che costituivano l’oasi protetta dei beni della sposa, dei quali il marito non poteva disporre senza il suo consenso.
Al di là del significato giuridico, il termine è senz’altro curioso: ma da dove arriva?
Parafernale deriva dal greco παράϕερνα, composto dalla preposizione para-, “a lato, a parte” e pherne, “dote”, designando quindi dei beni di possesso di una donna in procinto di sposarsi, da considerare come “esterni” alla dote, che entrava di diritto nelle proprietà del marito. La radice di pherne è Proto Indo Europea e da ricercarsi nel verbo *bher-, “portare, offrire”.
Il termine era già in uso nel diritto ellenistico e in quello dell’Egitto tolemaico, come attestano i diversi papiri che riportano nel dettaglio i contratti di matrimonio (ma anche di divorzio), contenenti l’elenco degli oggetti portati in dote dalla sposa, insieme ai beni parafernali.
L’istituto dei parafernali passò nel diritto romano con l’espansione dell’Impero, e venne sistematizzato da Giustiniano nelle sue Pandette sotto il termine di parafernalia bona.
I documenti più antichi sono d’interesse sia per la dovizia di dettaglio nel descrivere dote e parafernalia della sposa.
Un esempio per soddisfare la curiosità è il Papiro P. Dura 30 contenente l’atto di matrimonio tra il soldato Aurelio Alessandro, della Cohors XII Palestinorum di base presso una località detta Qatna (Dura Europos) ed Aurelia Marcellina, donna definita “vedova” e forse di origine latina.
Interessante è l’elenco dei beni appartenenti alla sposa e che, da contratto, dovranno essere restituiti alla legittima proprietaria in caso di divorzio:
(…) Marcellina da parte sua, per aver restituito sé stessa dalla vedovanza alla comunità del matrimonio… con il suddetto Alessandro, e che resteranno per loro (insieme) tutto il tempo…, prendendo con essa le sue proprietà, valutate in abiti (o capi) ed oggetti …, essendo gli intermediari uomini qualificati, le seguenti cose: un mantello bianco, nuovo, del valore di 125 denari; un altro mantello bianco nuovo, del valore di 50 denari; una… tunica nuova del valore di 40 denari; una veste dalmatica (δελµατίκιν) nuova per 30 denari; una veste scarlatta dalmatica ed un cappuccio viola nuovo del valore di 75 denari; un’altra veste bianca dalmatica nuova del valore di 50 denari; un… viola nuovo per 25 denari; vesti di seta e strisce nuovi per 50 denari; e utensili bronzei per 25 denari… orecchini ed anelli . . . del valore di 50 denari; (in aggiunta ?), i 565 denari d’argento portati da lei; (dei quali? ) il suddetto Alessandro ha riconosciuto avere ricevuto e tenere come proprio possesso, cioè il … cose, ed essere contento, anche con quanto viene a lui… di dovere 175 denari…(ammontano a) 750 denari d’argento, avendo raggiunto l’accordo tra loro, che se il suddetto Alessandro volesse divorziare dalla suddetta Marcellina perché… e la proprietà… di rendere quanto ricevuto, cioè denari… (Come ?) è stato concordato tra loro (…).
Come vediamo quindi, i beni parafernali potevano essere oggetti di fine fattura, ma anche schiavi, somme di denaro e rendite pecuniarie, di cui il marito non poteva disporre senza il consenso della moglie. Le liste così compilate fungevano da documento ufficiale per fugare ogni dubbio sulla proprietà legittima in caso di divorzio.
Questo uso venne applicato anche nei secoli successivi, come si ritrova ad esempio nella fitta documentazione relativa alle procedure di accasamento del duca Alfonso d’Este con Giulia della Rovere: una dote di ventiduemila scudi d’oro, comprensiva della quota parafernale formata da vesti, suppellettili e gioielli, stimata in duemila scudi aurei.
La prima attestazione in italiano volgare risale invece al 1327, ed è contenuta in un documento di area Pisana, il Breve di Villa di Chiesa di Sigerro, con oscillazione di grafia tra palafermale e parafernale, del tutto consueta in periodo Medievale:
Ordiniamo, che tucte le femine che ànno marito possano in vita dil loro marito diffendere et avere contra ciascuno creditore delli loro mariti panni di lecto et di loro dosso, et gioe, et uno staggiale, et tucti altre bene che avessino per alcuna heredità o per palafermi…
Come accennato, l’istituto dei beni parafernali rimase valido sino all’entrata in vigore della legge n°151 del 19 maggio 1975, che ne sancì l’abrogazione riformando il diritto di famiglia e, di conseguenza, tutte le parti riguardanti il matrimonio e il divorzio. Addio, lunghi elenchi di schiavi, suppellettili e cianfrusaglie.
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Bibliografia
Paraferna, in Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Milano, Sonzogno.
Parafernalia bona, in Du Cange, et al., Glossarium mediæ et infimæ latinitatis., Niort: L. Favre, 1883-1887.
Paraferna, in TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini.
*bher- in DIACL (https://diacl.ht.lu.se/Lexeme/Details/32660).
Parafernale, in GDLI, UTET (http://www.gdli.it/pdf_viewer/Scripts/pdf.js/web/viewer.asp?file=/PDF/GDLI12/GDLI_12_ocr_548.pdf&parola=parafernale).
PARAFERNALI, BENI, di Gioacchino SCADUTO – V. G. – R. – Enciclopedia Italiana (1935).
Bellucci, Nikola D., Suggestioni circa P. Dura 33 (nel contesto degli atti di matrimonio e divorzio durani), Codex – Revista de Estudos Clássicos, Rio de Janeiro, vol. 5, n. 1, 2017, pp. 114-126.
Muratori, L.A., Delle Antichità Estensi. Continuazione, o sia Parte Seconda, Modena, Stamperia Ducale, 1740, p. 421.
Atti della Reale Accademia di scienze morali e politiche di Napoli, Vol. XIII
Studi storici per l’antichità classica, Volume 1, Pisa, Enrico Spoerri Ed., 1908.
Bartholomaeus Fumo, Somma armilla, nella quale si contengono tutti quei casi, che sogliono occorrere nella cura dell’anime. Nuovamente trad. in lingua volgare, Venezia, Domenico Nicolini editore, 1581.
Antonio Bazzarini, Robert Joseph Pothier, Le pandette di Giustiniano riordinate da R. G. Pothier, Volume 1, Venezia, coi tipi di A. Bazzarini e C., 1835.
LEGGE 19 maggio 1975, n. 151, Riforma del diritto di famiglia. (GU Serie Generale n.135 del 23-05-1975).
Image credits: Marriage à la Mode: The Contract, 1745. William Hogarth (1697-1764), The Cleveland Museum of Art, Gift of Mr. and Mrs. Milton Curtiss Rose.
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