Multa, s.f.
La parola di oggi è un noto caso di “uso improprio” divenuto norma, nel linguaggio comune. Si fa presto a dire “ho preso una multa per eccesso di velocità”, salvo la presenza di amici giuristi nei paraggi, pronti a bacchettarci con un sonoro “ammenda, si chiama ammenda. O hai ucciso qualcuno mentre andavi a 58km/h in centro a Cortemaggiore?”. E via così.
Parliamo di lei, della multa, la pena pecuniaria prevista per i delitti. Dell’ammenda ne avevamo già parlato, se vi servisse una ripassata.
Ma prima di inoltrarci in selve linguistiche, ci concediamo un po’ di brio, perseverando nel significante sbagliato: qual è stata la prima multa per eccesso di velocità nella storia?
Dobbiamo risalire la linea temporale e scavalcare la Manica per arrivare a Paddock Wood, nella campagna inglese del Kent. Era il 28 gennaio 1896, e gli autovelox non rientravano nemmeno nei libri di fantascienza; tuttavia, i Locomotive Acts emanati a partire dal 1861, per via del crescente numero delle autovetture private, limitava la velocità e il peso degli stessi imponendo l’andatura a 6 km/h nelle campagne e a 3 km/h nelle città. Si faceva prima a scendere e spingere? Probabilmente sì, anche perché i mezzi motorizzati su ruote avevano l’obbligo di fermarsi quando incrociavano dei cavalli, per non spaventarli. E, come se non bastasse, il Red Flag Act del 1865 aveva imposto che le autovetture fossero sempre accompagnate da almeno tre persone: l’autista, il fuochista e un terzo elemento che doveva precedere a piedi il mezzo di circa 55 metri, sventolando una bandiera rossa per annunciare l’arrivo dell’autovettura – da qui il nome della legge.
In questo scenario, un moderno eroe di nome Walter Arnold, di professione mercante d’auto, procedeva alla velocità di 8 km/h per le strade del suddetto villaggio, risvegliando dal torpore pomeridiano il poliziotto locale che si mise subito all’inseguimento del pirata stradale ante litteram sulla sua bicicletta di ordinanza. Il London Daily News riportò anche come l’autista di un horseless carriage, una volta raggiunto dall’affannato agente, cercò di trovare gli estremi per un accordo di fornitura di mezzi alla polizia locale. Almeno, a detta sua, sarebbe stato più semplice inseguire altri automobilisti.
Inutile dire che nemmeno questa prontezza di spirito poté esonerarlo da un salato speed ticket. Alla fine dello stesso anno, tuttavia, il limite di velocità venne alzato a 22 km/h, per la gioia di tutti gli automobilisti e delle case di produzione di auto del Paese e non solo.
Ma ritorniamo ai nostri intenti, e dirigiamoci quindi verso la terra promessa della linguistica storica.
Da dove deriva il termine multa? Le teorie sono diverse, forse anche a tratti bizzarre e inattese. Quel che è certo, è che la base per il nostro italiano vada ricercata nel corrispondente latino MULTA, “sanzione pecuniaria”, già in essere nel diritto romano.
La prima delle teorie linguistiche, trova la sua radice in un antico termine Sannita o Osco, affine al Proto-Italico *molgeo, “mungere”, con riscontro nel Proto Indo Europeo *h₂melǵ-, sempre designante l’atto di mungitura delle vacche. Che la multa sia legata quindi al latte, forse oggetto di pagamento per l’ammenda prevista dal reato commesso? Audace congettura, ma la storia ci insegna che tutto è possibile.
La seconda teoria invece, trova una radice comune con MULTUS, “molto”, riconducendo quindi alla sfera della “quantità” di denaro (o altro oggetto di scambio) oggetto di pagamento in risposta ad un certo reato, stabilita in base alla gravità dello stesso.
Il termine apparve per la prima volta nel nostro volgare italico negli Statuti Perugini (1342) e, sulla scia dell’eredità romana, non era nulla di simpatico:
ordenamo e deliveramo che esso ofitiale possa fare e eleggere canpare e guardiane secrete overo piubece, [[…]] e esse costrengnere a l’ofitio acectare e fare e a esse multe e bandora enponere e per lo comuno tolglere ai non obediente, summariamente e de facto, fina êlla quantitade de cento solde…
Il Codice Penale vigente ce ne parla invece all’art. 24:
La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a euro cinquanta, né superiore a euro cinquantamila.
Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da euro cinquanta a euro venticinquemila.
Insomma, che ci siano di mezzo vacche da latte oppure una cospicua somma di danaro, resta qualcosa da cui tenersi alla larga. Senza correre troppo, però, se siete su un mezzo motorizzato: l’ammenda vi aspetta sempre dietro l’angolo.
Bibliografia
Multa, in TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (accessibile online).
Multa, in GDLI, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET, (accessibile online).
Multa, in Charlton T. Lewis and Charles Short (1879) A Latin Dictionary, Oxford: Clarendon Press.
Multa in Charles du Fresne du Cange’s Glossarium Mediæ et Infimæ Latinitatis (augmented edition, 1883–1887).
Multa, in Dizionario Giuridizio, ed. Simone (edizione online).
Multa, a c. di Giannetto Longo, in Enciclopedia Italiana, 1934 (accessibile online).
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