Pestilenza è un termine che da solo è in grado di evocare paesaggi mediorientali, mosche tafane e fosse comuni. Oggi per ovviare al problema si cede il passo al più asettico “pandemie”. Quale che sia il termine scelto, però, non possiamo negare che la cronaca dell’Umanità è tutta un grande susseguirsi di questi eventi. E il diritto? Che ruolo riveste di fronte a queste situazioni emergenziali?
Noi italiani iniziamo sin da subito ad avere una certa confidenza con le pestilenze. Prendiamo l’italiano-tipo, che per speditezza e semplicità d’argomento assumiamo sia il sottoscritto.
Il piccolo Riccardo Rubino termina le elementari e fa accesso, per la prima volta, in quel Vietnam che è la Scuola Media del Bel Paese. Il primo tema di letteratura che la Professoressa gl’impone di studiare è l’Iliade, componimento del 750 a.C. tutt’ora in voga, la quale inizia con una bella pestilenza nel campo acheo. Siamo partiti col piede giusto.
Poi passa in seconda media e l’altro tema che la professoressa gl’impone di studiare è i Promessi Sposi. I quali, manco a dirlo, parlano di un’altra bella pestilenza, di quelle come Dio comanda. Nel frattempo, il corso di studi prevede anche l’approfondimento della storia dell’arte ed è così che sempre il piccolo Riccardo Rubino si trova sul pullman rotta Palermo, Palazzo Abatellis, dove viene portato a vedere niente-meno-che il “Trionfo della Morte“, affresco monumentale il cui tema è: gente che muore di pestilenza.
Intanto, il piccolo Riccardo Rubino va al catechismo e qui gli insegnano che Gesù guarisce il lebbroso e che Dio, se si arrabbia, la prima cosa che fa è mandarti una pestilenza nel villaggio.
Si passa al Liceo Classico e si approcciano le tragedie greche. Ma guarda un po’, c’è Sofocle che scrive questo dramma un po’ osé intitolato “Edipo Re”. “Edipo Re” si chiama così perché il protagonista è Edipo che, per l’appunto, è Re di Tebe. Edipo è un tipo serio, corretto, grande governatore che però – in perfetto parallelismo con il Governo Conte II del marzo 2020 – si ritrova a fronteggiare, pensa un po’, una pestilenza. Non c’era ancora la cabina di regia e il comitato tecnico scientifico all’epoca si chiama “Oracolo” e stava a Delfi. Edipo va a chiedere parere e torna con una notizia scandalosa che il Sun di Londra c’averebbe ricamato per decenni ma questo lo lasciamo ai curiosi che vorranno approfondire.
Quel che conta è che il piccolo Riccardo Rubino – archetipo dell’italiano – non ha compiuto i sedici anni e già è convinto di morire da lì a tre mesi chiaramente di pestilenza e per tale ragione chiede con insistenza al proprio genitore di assicurarsi la concessione di un loculo presso il locale camposanto.
La Rivoluzione Francese e la dissenteria
Storicamente, la cronaca dell’Umanità è tutto un susseguirsi di pestilenze, il cui nome biblico – che evoca da solo paesaggi mediorientali, mosche tafane e fosse comuni – cede il passo al più asettico pandemie. Le quali – dal canto loro – hanno da sempre avuto risvolti legali e politici non indifferenti. Una pestilenza ha messo in ginocchio Atene ai tempi della guerra del Peloponneso e una pestilenza – quella del ‘600 a Milano – ha dato l’inizio a uno dei più osceni errori giudiziari della storia occidentale: quello de peste manufacta, da cui scaturì la Colonna Infame. Senza contare che uno degli elementi che permise ai Rivoluzionari di Francia la vittoria di Valmy fu una pestilenza di… dissenteria che colpì le truppe di Brunswick.
L’ultima epidemia di cui i nostri padri hanno notizia fu quella di Napoli del ’73. Era il colera. Risolta questa, pensavamo che la strada fosse tutta in discesa.
E invece no.
Una generazione addestrata all’apocalisse
Iniziano i videogiochi, poi i film, poi le serie TV. Ogni cosa che l’arte d’intrattenimento produce negli anni precedenti anticipa il tema dell’outbreak, del vaso di Pandora che si rompe e infesta il mondo. “Fantasticherie, però sai… non si sa mai“.
Wuhan, Bergamo, Astrazeneca. Virologi, Vax, No-Vax, la didattica-a-distanza. Tutte cose che il grande pubblico non sapeva manco cosa fossero, e ora e tutt’a un tratto corrono sulle bocche e sulle bacheche, attraendo in questa entropia perfino la stampa. Che dal canto suo attinge per la sua pubblicistica dai tweet e dai comunicati.
Il diritto dell’emergenza e l’emergenza del diritto
E il diritto?
Il diritto, il nostro diritto, liberale, democratico e occidentale, oggi è chiamato alla più grande delle sfide: la sua tenuta nonostante l’emergenza. Signori, è bene che si sappia una cosa: nella gestione di uno Stato esistono due principi essenziali e pur incompatibili, ossia “efficienza” e “garanzia”. Quali vasi comunicanti, più ve n’è una, meno spazio c’è nell’altra. Le garanzie esplicano la loro ragion d’essere come paratie nella fiumana della procedura; ma la paratia è pur sempre un ostacolo che – in qualche modo – quella “serie ordinata di atti teleologicamente orientata a raggiungere uno scopo” deve superare per andare avanti. Sono strozzature atte a proteggere chi subisce il provvedimento che ne scaturisce. Di contro, lo loro assenza assicura speditezza ed… efficienza.
Lo Stato d’Emergenza, quale che sia la sua natura, mette in crisi questo sistema. Emergenza significa una ed una cosa soltanto: necessità di assicurare soluzioni immediate a problematiche in rapida evoluzione. Sì può affermare – senza timori di smentite – che tutta l’azione legislativa di questi ultimi due anni è stata spesa per obbedire a questo scopo. È stato fatto bene? È stato fatto male? La materia soffre di “recentismo” e occorre attendere che la cronaca si faccia storia per trarre giudizi. Di giudizi di Tribunali, invece, ne pronostichiamo qualcuno sul tema che di qui a breve… appesterà le aule, ossia: il ristoro da effetti avversi del vaccino anticovid.
Di vaccini, lesioni e indennizzi
Iniziamo subito col dire che esiste una legge, la 210 del 1992, recante il titolo “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”. Viene disposto, all’art. 1, che “Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”. Due variabili (vaccinazione avvenuta, lesione causalmente derivante dalla vaccinazione) e una condizione (obbligatorietà): questo il tridente che attiva il diritto, da parte del lesionato, di ottenere un indennizzo a carico dello Stato.
Vaccinazioni obbligatorie, necessarie e raccomandate
La “protezione” assicurata dalla Legge 210/1992 copre anche la vaccinazione anti-covid? La risposta è: dipende. Dipende, innanzi tutto, dalla vincolatività della profilassi. Il testo della legge non lascia scampo: l’obbligo deve essere imposto “per legge” o “per ordinanza di una autorità sanitaria italiana”. In presenza di tale condizione, nulla quaestio.
A onor del vero, il IV comma dell’art. 1 estende l’indennizzo anche alla danno “passivo” (“I benefici di cui alla presente legge spettano alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, i danni di cui al comma 1″) e a tutte le vaccinazioni che, pur non “obbligatorie” risultino – per motivi di lavoro, incarico d’ufficio o accesso in Stato Estero – “necessarie”.
La situazione, invece, si complica allorché non sussiste un “obbligo” formale ma si versi in ipotesi di vaccinazione “raccomandata” o (aggiungo) surrettiziamente imposta con il sistema dei green-pass. Quid iuris, in questo caso?
Interloquisce la Consulta
Sull’art. 1 della Legge 210/1992 irrompe per più volte la Corte Costituzionale. Il fil rouge, se così si può dire, che anima le ben otto sentenze che si affastellano in tema può ben compendiarsi nei seguenti termini: ogni vaccinazione “raccomandata” attiva l’assicurazione legislativa sì da mantenere indenne chi si inocula per il bene della società.
Può questo consolidatissimo orientamento fondare una eventuale azione per il risarcimento da vaccinazione anti-covid? La risposta è “no” la disamina dei dispositivi delle sentenze lo dimostra. Prendiamone qualcuno a caso.
1. Sentenza 27/1998: la Corte dichiara l’incostituzionalità dell’art. 1, legge 210/1990 nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo di coloro che si siano sottoposto alla vaccinazione antipolio.
2. Sentenza 417/2000: la Corte dichiara l’incostituzionalità dell’art. 1, legge 210/1990 nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo di coloro che si siano sottoposto alla vaccinazione anti epatite B a partire dal 1983.
3. Sentenza 107/2012: la Corte dichiara l’incostituzionalità dell’art. 1, legge 210/1990 nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo di coloro che si siano sottoposto alla vaccinazione antimoribillo-parotite-rosolia.
4. Sentenza 268/2017: la Corte dichiara l’incostituzionalità dell’art. 1, legge 210/1990 nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo di coloro che si siano sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale.
5. Sentenza 118/2020: la Corte dichiara l’incostituzionalità dell’art. 1, legge 210/1990 nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo di coloro che si siano sottoposto alla vaccinazione antiepatite A.
Si mostra chiaro il modo di procedere dei Giudici di Monte Cavallo: essi hanno via via esteso, con sentenze additive, l’indennizzo per singole vaccinazioni contro singole patologie di volta in volta in rilievo. Tra queste, naturalmente, non figura quella contro il morbo cinese.
Vero è che aleggia, nell’ordinamento, un principio (“costituzionale”) più che consolidatissimo, ma è altrettanto vero che esso – a normativa data – non si consolida in una norma direttamente attivabile in caso di giudizio teso ad ottenere l’indennizzo ex l. 210/1992 per danni da vaccinazione anticovid. A tal fine occorrono tre condizioni:
1) o viene imposto un obbligo (qualora si versi nelle categorie non ancora… obbligate);
2) o si estende il diritto all’indennizzo con provvedimento legislativo ad hoc;
3) o si esperisce azione legale, si solleva la questione di legittimità costituzionale e si incrociano le dita affinché la Corte Costituzionale produca una nuova sentenza additiva sul solco delle precedenti.
Analizziamo quest’ultimo passaggio, che è il più caldo di tutti.
Un rischio di overrulling?
Se la sentenza n. 107/2012 poc’anzi citata esprime un principio di un’equilibrio quasi orientale – “s’è vero che il singolo si vaccina (anche in assenza di obbligo) per tutelare la collettività, è anche vero che la collettività è tenuta a tutelare il singolo ogni qual volta questo subisce un danno per essa” – è anche vero che, all’epoca, il thema decidendum era relegato a vaccinazioni e malattie più che conosciute.
Oggi, invece, siamo di fronte ad una pandemia che non si vedeva dai tempi della Spagnola. Di fronte a questa piaga è stata approntata una delle più poderose campagne di profilassi che si ricordi. Il che – a ben vedere – complica la questione. L’abnormità della circostanza potrebbe porre le basi di un potenziale overruling della Corte: qualora (fatti i debiti scongiuri) i vaccini anticovid dovessero, nel lungo periodo, provocare delle lesioni a tappeto con conseguente boom di indennizzi, allora a venire in rilievo sarebbe la tenuta contabile dello Stato; la quale – a ben vedere – è quella che a sua volta garantisce il diritto alla salute. Del resto, sono i conti in ordine a pagare i costi delle terapie intensive; saltando il banco, salta anche la “pretensività” del diritto consacrato nell’art. 32 Cost.
Incrociamo le dita.
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