Nel giorno del centenario dalla nascita di Peppino Prisco, storico presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, nonché vicepresidente dell’Internazionale F.C., abbiamo intervistato l’avv. Jacopo Pensa, decano dei penalisti italiani, che ci racconta i suoi ricordi legati a questo straordinario personaggio.
Caro Jacopo, grazie per avere accettato il nostro invito, quale è il tuo primo ricordo legato a Peppino Prisco?
È un ricordo truce. Era la prima metà degli anni ’70 e io ero un giovane procuratore. Avevo ricevuto un assurdo esposto all’ordine a causa di un tale che mi aveva tirato un brutto scherzo. Un giorno incontrai per caso Peppino Prisco sulle scale del Tribunale. Era il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano. Gli dissi, un po’ impaurito, che non avevo fatto nulla di male. Ricordo che mi rivolsi a lui dandogli del lei, del voi, del dio! Mi fulminò con uno sguardo dicendomi “Tu ti verrai a difendere davanti al Consiglio“. Poi il procedimento fu archiviato.
Ci sono anche ricordi non così terribili?
Certamente, diventammo presto amici. Soprattutto per la rivalità calcistica. Io sono milanista, lui era interista prima ancora che avvocato, padre, suocero, essere umano… Eravamo spesso a pochi metri di distanza allo Stadio durante gli accesissimi derby Milan-Inter. Ci guardavamo a distanza lanciandoci occhiatacce, che erano però dei sinceri sfottò.
Molti lo ricordano per lo più per la sua carica “pubblica” con l’Inter. Che avvocato era Peppino Prisco?
Lui seguiva molto le famiglie delle persone vittime di rapimenti. Le assisteva durante le trattative. Non era un lavoro semplice. All’epoca non esisteva ancora la legge sul blocco dei beni che impediva di pagare i riscatti. Aveva poi come noto molti incarichi in grandi società.
Esistono ancora i Peppino Prisco ?
Francamente no. Peppino Prisco aveva una popolarità così sfaccettata e variegata, legata al suo essere avvocato ad ampio raggio, attivo nello sport che lo rendeva popolarissimo, noto per le celebri battute di spirito di un uomo raramente superato in sarcasmo. Un personaggio così a tutto tondo non riesco a trovarlo oggi.
In occasione dei suoi 70 anni gli dedicasti una delle tue impareggiabili rime (i nostri lettori la possono leggere qui in fondo). Era il 10 dicembre 1991, ricordi quella giornata? Come prese la dedica?
Lui era sempre Presidente dell’Ordine, avevamo organizzato una piccola festa in un locale a Milano dove io lessi queste rime. Si divertì molto, e rise durante la lettura. Quando però arrivai all’ultima rima “fatti alfine milanista” mi guardò con il solito sguardo truce. Quando sentiva nominare il Milan andava su tutte le furie, come un toro che vede rosso (nero).
Quale rima gli dedicheresti ora?
Caro amico, caro Prisco
francamente non capisco
come anche da San Pietro
tu ti guardi sempre indietro
e ricordi quella maglia
neroazzurra con la taglia
di Facchetti e di Jair
che ti fecero gioir.
A Peppino Prisco, 10 dicembre 1991
Chi festeggia i settant’anni
spesso vuol cacciar gli affanni
e rimuove saggiamente
ciò che turba la sua mente;
ed allora non capisco
come può Peppino Prisco
rimanere nerazzurro
mentre Ferri, come il burro,
si è lasciato trapassare
da un Galia che, per segnare,
ci metteva, mediamente,
tre stagioni come niente.
Io di certo qui non dico
che sia colpa dell’Orrico
che coltiva ancor la speme
di recuperare Brehme
e ritiene che convenga
mantenere ancora Zenga.
Dico sol che la tua mente,
caro vicepresidente,
giunta a questo bel traguardo
di sé deve aver riguardo
perché noi tutti vogliamo,
per il fatto che ti amiamo,
che tu possa rimanere
molto a lungo il nostro alfiere;
perciò lascia che io insista:
fatti alfine milanista!
Jacopo Pensa
(da “Nel paese del diritto c’è talvolta buio fitto“, ed. Le Lucerne, 2020)