Tra le pagine dei giornali di fine 800 e inizio 900 spuntavano le réclame della nota farmacia “Polli” di Milano che sponsorizzava il petrolio come rimedio miracoloso contro la calvizie. Questi e altri usi pazzi del petrolio nella cosmesi del passato.
Il dilemma della bellezza non ha tempo, per questo donne e uomini di ogni epoca hanno sperimentato ogni possibile rimedio per preservare fisicità invidiabili, pelle tonica e chiome folte. Sappiamo che gli antichi Egizi facevano ampio uso di miele, erbe e polveri derivate da preziosi minerali come l’alabastro, uniti in creme che spalmavano su tutto il corpo. La regina Cleopatra, tramandata dalla storiografia romana come una delle donne più vanitose del suo tempo (giudizio ispirato più da motivi più politici che dall’amor del vero), fosse solita fare il bagno nel latte d’asina, immergendosi in una vasca che necessitava del latte di ben 700 capi di bestiame. L’illustre letterato Ovidio – nonché noto viveur dei suoi tempi – consigliava alle matrone romane innovative ricette di bellezza che includevano materie prime come olio d’oliva, mandorle, estratto d’orzo e alghe marine, a oggi ancora usate in cosmetica, e derivati piuttosto strani come corna di cervo ancor vivo, “vivaci cornua cervo” (quelle che cadono naturalmente in primavera, e poi ricrescono). Non ci credete? Potete leggere ogni consiglio del buon Ovidio nei curiosi versi del Medicamina faciei femine.
Ma non dobbiamo per forza tornare a più di duemila anni fa per trovare prodotti e rimedi sorprendenti. Anche le pagine dei giornali di inizio Novecento sono piene di consigli di medici e farmacisti che sperimentavano pomate e infusi alquanto improbabili al fine di trovare l’elisir di lunga vita. Ecco per esempio una pubblicità tratta dal numero del Corriere della Domenica pubblicato il 12 febbraio 1899 che reca a lettere cubitali la soluzione per calvizie, forfora ed eccessiva sudorazione del cuoio capelluto: il petrolio.

Si tratta di un olio minerale ottenuto dalla lavorazione dei petrolati, un similare della vasellina tutt’ora in commercio. Era considerato un toccasana per pelle e capelli in quanto capace di creare una sorta di patina protettiva, una barriera per la cute che permette alla stessa, al di sotto, di autoregolarsi e rispondere ai problemi cutanei visibili in superficie. Per lo stesso principio la vasellina è tuttora impiegata nell’industria farmaceutica, unita a pomate che mirano a cicatrizzare e non solo.
In Italia i concorrenti del Petrolio Polli erano l’“impareggiabile Petrolio Essenziale I. Herbert” di Torino e la Petrolina Longega del farmacista veneziano Antonio Longega. Longega Ma in tutta Europa, chimici e medici facevano a gara per sponsorizzare le proprie misture. Famosi erano il “Petrolio Thomas”, tintura che prende il nome dal medico inglese autore del lancio sul mercato nel 1914 al prezzo di Lire 3 per scatola, e il “Petrolio vero Hahn” da Ginevra, ancora in commercio sotto forma di shampoo e lozioni. La pubblicità di quest’ultimo addirittura invitava a guardarsi dalle contraffazioni! Per quanto possa sembrarci strano, i prodotti cosmetici erano piuttosto costosi e destinati per lo più a consumatori d’élite, che erano disposti a sborsare molti quattrini pur di apparire al meglio.

D’altronde, il buon costume e la bella presenza non sono puramente frutto di vanesi moti interiori, bensì sono alla base della presentazione della persona alla società. Apparire al meglio era essenziale in una società rigidamente improntata sul conformismo come quella di fine Ottocento e inizio Novecento, e importanti trattative politiche ed economiche avvenivano nei migliori salotti delle città dove essere ben vestiti e acconciati era una questione di etichetta inderogabile.

Oggi l’uso dei petrolati in cosmetica è ampiamente dibattuto e sconsigliato da chi propone alternative eco-friendly. Alcuni studi hanno inoltre rivelato la pericolosità dei petrolati per l’epidermide, con danni a lungo termine. Esiste inoltre una porzione degli esperti della cosmetica che accusano petrolati e vaselline di creare un “finto” effetto distensivo e benefico per la pelle, poiché darebbero l’impressione di una pelle sana grazie alla barriera creata dalle molecole dell’olio minerale senza in realtà nutrire e curare realmente gli strati cutanei.
Senza entrare nel merito della questione, che lasciamo agli studiosi in campo, ricordiamo inoltre che il petrolio, lavorato, è stato la base dei primi prodotti make up sfoggiati dalle signore di fine Ottocento: fondotinta, mascara e rossetti. Fra gli altri, il primo mascara fu inventato dal chimico Williams utilizzando polvere di carbone e vaselina in gel.
Antenata del petrolio nel make up è stata la famosissima biacca, una polvere derivata da carbonato basico di piombo o da ossido di zinco con proprietà sbiancanti, di cui facevano ampio uso personaggi noti come la regina Elisabetta d’Inghilterra, Re Sole ossia Luigi XIV e Mariantonietta di Francia. Oggi sappiamo che la biacca da piombo è cancerogena e il 19 novembre 1921, a seguito dell’intervento dell’Organizzazione internazionale del lavoro, è stata ratificata una Convenzione che ne vieta definitivamente l’utilizzo in campo pittorico, ad eccezione di alcuni lavori di restauro.
Dunque i nostri antenati cercavano davvero con ardore di restaurare le proprie facce!
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